giovedì 25 aprile 2024

22/07/2014 08:08:00 - Provincia di Taranto - Attualità

Confisca di 91 milioni di euro

La terza sezione penale del tribunale di Milano ha condannato Fabio Riva a sei anni e sette mesi per le accuse di associazione per delinquere e truffa, al termine del processo di primo grado su una presunta truffa ai danni dello Stato, perpetrata dal gruppo Riva, attraverso l’Ilva di Taranto, che avrebbe ricevuto contributi pubblici senza averne diritto. I giudici hanno condannato anche Alfredo Lo Monaco della svizzera Eufintrade Sa a 5 anni e Agostino Alberti, ex dirigente di Ilva Sa (società svizzera del gruppo Riva), a 3 anni.
Inoltre, la società Riva Fire, imputata per la legge 231/2001 sulla responsabilità amministrativa degli enti, è stata condannata a una multa di 1,5 milioni di euro. Per i tre imputati e la società è stata disposta anche la confisca di 90,8 milioni di euro. I pm Stefano Civardi, titolare dell’inchiesta insieme a Mauro Clerici, aveva chiesto per Fabio Riva e Lo Monaco una condanna a 5 anni e 4 mesi, per Alberti a 3 anni e 4 mesi. Il pm aveva anche chiesto la confisca alla società e ai tre imputati la confisca di 91 milioni di euro complessivi e per la Riva Fire una multa di 2,25 milioni di euro. 
Le motivazioni della sentenza saranno pubblicate entro 90 giorni. Il processo arrivato oggi alla sentenza di primo grado riguarda una presunta truffa ai danni dello Stato dell’ammontare di circa 100 milioni di euro, che sarebbe stata realizzata attraverso l’ottenimento di contributi pubblici, erogati da Simest (controllata da Cassa depositi e prestiti), per il sostegno alle imprese italiane che esportano.
Secondo l’ipotesi dei pm Mauro Clerici e Stefano Civardi, titolari del fascicolo, il gruppo della famiglia Riva avrebbe ottenuto indebitamente dei contributi pubblici, interponendo in una serie di operazioni Ilva Sa, società svizzera del gruppo. La legge Ossola, che sarebbe stata raggirata, prevede che a fronte di dilazioni di pagamento tra i 2 e i 5 anni da parte di acquirenti esteri, le imprese italiane possano accedere a dei contributi erogati da Simest (controllata dalla Cassa depositi e prestiti).
Per l’accusa, l’Ilva spa non avrebbe avuto diritto a questo tipo di sostegno, data la natura dei pagamenti ricevuti, e quindi è stata interposta in molte operazioni l’Ilva Sa, la quale, nonostante non avesse alcun ruolo operativo o produttivo, risultava l’acquirente dei prodotti dell’Ilva e la società che aveva effettuato i contratti con gli acquirenti esteri.
Ilva Sa emetteva nei confronti di Ilva spa delle cambiali internazionali (promissory notes), che con l’interposizione della società svizzera Eufintrade, permettevano a Ilva spa di avere i requisiti per ottenere i contributi pubblici, quando la società Ilva Sa, che faceva parte dello stesso gruppo, incassava i pagamenti dall’estero senza ritardi o dilazioni.
l danno per lo Stato sarebbe stato doppio, da una parte l’Ilva di Taranto ha ottenuto contributi ai quali non avrebbe avuto diritto, dall’altra i soldi ricevuti dallo Stato italiano venivano alla fine girati alla Ilva Sa in Svizzera, quando uno degli obiettivi della legge che sarebbe stata raggirata è quella di dare soldi al sistema imprenditoriale italiano perchè contribuiscano alla sua crescita, non per finire oltreconfine.








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