mercoledì 24 aprile 2024

06/04/2018 09:39:51 - Manduria - Cultura

Il documento è stato materialmente rinvenuto presso l’archivio romano della Congregazione per la Dottrina della fede (ex Sant’Uffizio)

 

  Riprendo la notizia, data qualche anno addietro attraverso questo giornale (1), per annunciare l’effettivo ritrovamento del libretto riguardante il digiuno dell’Immacolata di cui ho parlato nel mio precedente articolo.

  Il documento, del quale ero venuto a conoscenza grazie alla consultazione dell’Indice dei libri proibiti, è stato materialmente rinvenuto presso l’archivio romano della Congregazione per la Dottrina della fede (ex Sant’Uffizio) e, in attesa di poterlo consultare de visu, anticipo il contenuto della copertina che ne contiene i principali elementi identificativi: “Gratie concesse da Maria Nostra Signora Immaculata a molti divoti del digiuno per pane & acqua in honore della sua purissima Concettione, col modo di fare detto digiuno perpetuo, Indulgenze concesse dalla Santità di Clemente X. Fatta ristampare per ordine dell’Eccellentiss. Sig. D. Carlo Benedetto Giustiniani Prencipe di Bassano. Ad istanza del P. Bonaventura a Bagnaia Predicator Cappuccino.”. Segue l’indicazione dello stampatore: “In Ronciglione, per il Menichelli, Con Lic. de’ Sup. 1679”. Il libro di dimensioni molto ridotte e di formato in sedicesimo è inserito in un fascicolo nel quale vi sono altri documenti riguardanti il digiuno perpetuo dell’Immacolata (2).

  Come anticipato dalla sua copertina, il libretto -il cui contenuto sembra essere compatibile con la pratica del digiuno mandurino- è stato ristampato nella località laziale di Ronciglione per interessamento di Carlo Benedetto Giustiniani (* Roma, 09.11.1649† Bassano, 25.11.1679), Principe di Bassano Romano (in provincia di Viterbo) e figlio di Vincenzo, il quale ultimo aveva ereditato il feudo e il castello di Bassano di Sutri (oggi Bassano Romano), venduto al padre dagli Anguillara nel 1595.

  La famiglia originata dall’unione matrimoniale di un Giustiniani appartente al ramo de Nigro con una Giustiniani del ramo Recanelli, proveniva da Chio (anticamente Scio), isola egea soggetta alla Repubblica di Genova.  Nel gennaio 1569 aveva abbandonato l’isola greca, conquistata dai Turchi nel 1566, per riparare in Italia, prima a Venezia, poi a Genova e infine a Roma, dove avrebbe acquisito il feudo di Bassano.

    L’abbandono dell'isola - su cui i Giustiniani e altre famiglie, consorziate sotto il medesimo nome, esercitavano da secoli una sorta di governo derivante dal monopolio del commercio (la Maona) - fu possibile solo ricorrendo a mezzi monetari e diplomatici (3). A Roma, infatti, i Giustiniani contavano appoggi importanti nella curia vaticana, e si stabilirono nel palazzo di famiglia (l’attuale palazzo Giustiniani, residenza del Presidente del Senato), acquistato nel 1590.

   Apparentemente, quindi, il testo rinvenuto non sembrerebbe presentare collegamenti immediati con la nostra cittadina.

   Senonché, a partire dal secolo XVI, anche in Casalnuovo-Manduria é presente una famiglia Giustiniani, i cui esponenti occupano posizioni preminenti nell’ambito della vita cittadina rivestendo importanti incarichi politico-amministrativi (Sindaco della città) ed ecclesiastici (nel capitolo della Collegiata) (4).

   Altri esponenti della famiglia mandurina, inoltre, a decorrere dal 1680 (un anno dopo la ristampa del libretto in questione) si trovano a ricoprire le maggiori cariche direttive all’interno della Arciconfraternita dell’Immacolata di Manduria (da cui nasce, come noto, la pratica del digiuno perpetuo), figurando come Prefetti (o Priori), Assistenti e Segretari del sodalizio.

   Si tratta di una semplice coincidenza di cognomi o di legami più stretti, magari di tipo familiare, tra le due stirpi Giustiniani di Bassano Romano e di Casalnuovo-Manduria?

   La risposta, anche al fine di stabilire se e quale preciso collegamento esista tra il libretto del digiuno colpito dall’interdizione ecclesiastica e la nostra cittadina, potrà essere data in via definitiva e certa solo nel momento in cui avrò avuto modo di procedere ad una consultazione diretta del documento. Per il momento sono però possibili delle congetture.

   Innanzitutto, come chiaro indizio dei legami familiari esistenti tra le due stirpi,  vi è il fatto che anche i Giustiniani di Casalnuovo-Manduria facevano uso dello stemma dei Giustiniani di Bassano Romano, che poi, in termini più generali, è l’impresa araldica dei Giustiniani della Maona di Chio (o Scio). La riprova è fornita dal sigillo a secco dell’Arciprete mandurino Giovanni Battista Giustiniani, utilizzato sui documenti ufficiali (5).

   In secondo luogo il ramo locale della famiglia, sebbene proveniente dalla vicina Francavilla Fontana, presentava alcuni collegamenti con esponenti della nobiltà genovese, tra cui il patrizio Don Stefano Pallavicino, presente nel ‘500 a Manduria con l’incarico di vice marchese e governatore per conto dei genovesi feudatari Imperiali (6).

  E’ possibile pertanto ipotizzare che un ramo della famiglia (o unione di famiglie)  genovese che reggeva la Maona di Chio, a seguito della fuga e della conseguente diaspora causata dall’invasione dei Turchi nell’Egeo o ancor prima, si sia stabilita proprio a Casalnuovo-Manduria, in Terra d’Otranto,  mantenendo o recuperando, nel corso del tempo, i contatti con altri rami della casata Giustiniani che si erano stabiliti in altre parti d’Italia, come Genova, Roma o Bassano Romano.

  Questi legami conservati avrebbero potuto favorire la scelta della tipografia laziale di Giacomo Menichelli (sita nei pressi di Bassano) per la ristampa del famoso libretto del digiuno, una volta che i Giustiniani di Manduria avevano assunto la direzione dell’Arciconfraternita dell’Immacolata.  La scelta potrebbe essere stata suggerita da ragioni economiche (le tipografie secentesche di Ronciglione, cittadina a poche miglia da Roma, ricca di cartiere che fornivano carta di ottima qualità, consentivano la stampa a buon mercato) o logistiche, per sfuggire al controllo ed all’opposizione di ambienti ecclesiastici mandurini contrari alla ristampa (come si suppone che fossero i religiosi della comunità domenicana locale).

  Peraltro, va detto che il mecenatismo del principe di Bassano, quando si trattava di finanziare la stampa di opere letterarie (soprattutto se provenienti da esponenti di altri rami dell’antico casato Giustiniani) sembra trovare conferma nella dedica contenuta in una edizione delle Lettere memorabili scritta dal noto abate genovese Michele Giustiniani (autore anche delle altre due più celebri opere dedicate agli scrittori liguri e ai diciotto fanciulli Giustiniani martirizzati dai Turchi durante la conquista di Chio).  La parte terza dell’opera dello scrittore che si definisce sempre “Patritio genovese de’ Signori di Scio”, stampata “In Roma, per il Tinassi, MDCLXXV” (1675), innalza nel frontespizio lo stemma della casata e nella pagina successiva contiente la dedica al finanziatore Principe Carlo Benedetto Giustiniani di Bassano (lo stesso della ristampa del nostro libretto) cui l’opera è indirizzata anche in ragione delle sue “qualità gentilizie”  (leggasi parentela) atteso che “…la sua prosapia Giustiniana è una delle più aristocratiche di Genova delle già signoreggianti dell’Arcipelago (egeo) e delle presenti baronali di Roma”.

  Che anche i Giustiniani di Manduria, quando si è trattato di dare alle stampe il libretto del digiuno, si siano ricordati del potente parente romano e abbiano fatto ricorso alla sua influenza ed al suo mecenatismo?

   L’ipotesi, ad avviso di chi scrive, è verosimile e sembra trovare anche il conforto delle date.

   Il 1679 è l’anno della ristampa del libretto nella sua edizione ronciglionese. Il 1680 è indicato dal Libro magno del digiuno (conservato dall’Arciconfraternita mandurina) come anno in cui vengono registrate alla pratica devozionale nuove città, terre, casali e persone, dopo la ristampa del “libretto”. Il 1683 (per la precisione il febbraio di quell’anno) è la data in cui interviene il decreto di interdizione del Sant’Uffizio.

   Ponendo in relazione tra loro le anzidette date, è francamente difficile escludere che il libretto sul digiuno perpetuo dell’Immacolata abbia a che fare con il libretto, mai trovato, di cui parlano il Libro magno dell’Arciconfraternita e le cronache locali relative al digiuno.

   Altra coincidenza singolare è poi quella relativa all’ascesa di esponenti della locale famiglia Giustiniani alle più alte cariche dell’Arciconfraternita: nel 1680, anno successivo alla ristampa del libretto, Francesco Antonio Giustiniani è segretario del sodalizio, l’anno seguente Giacinto Giustiniani è nominato prefetto (o priore), in quello successivo due esponenti della famiglia assumono ben due delle quattro cariche elettive, in quanto Francesco Antonio è prefetto, mentre Giacinto è primo assistente, e così via in un susseguirsi quasi ininterrotto, durante il quale la famiglia assume il pieno controllo della confraternita (7).

   Sembra quasi che  il successo in termini di crescita della pratica devozionale, legata alla ristampa del libretto, e l’ascesa della famiglia alla guida della pia associazione siano strettamente legate tra loro, nel senso che il primo abbia potuto favorire la seconda. 

   Altra coincidenza di nomi molto singolare è quella tra il Bonaventura Ferrara citato nel mio precedente studio (come priore dell’Arciconfraternita dell’Immacolata di Manduria) e il Bonaventura Ferrara indicato dall’Index quale autore del libretto proibito e, nel libretto rinvenuto nell’archivio della congregazione romana, come Bonaventura da Bagnaia (località laziale sempre nei pressi di Bassano, sede di un convento di Cappuccini) predicatore cappuccino. Sono la stessa persona o persone tra loro imparentate? La risposta certa, anche in questo caso, richiederà la consultazione diretta del testo in archivio.

   Un’ultima notazione, per finire, va fatta per la tipografia in cui il libretto è stato ristampato.

   Da alcuni decenni è stata segnalata, dagli studiosi del settore, l’importanza di Ronciglione, una cittadina poco distante da Roma, ricca di cartiere, e delle sue stamperie secentesche per l’attività editoriale dei librai di Roma, che vi commissionavano la stampa di opere letterarie di varia importanza.

  Nelle tipografie ronciglionesi però si affermò anche la stampa di testi letterari appartenti al genere popolare, costituiti da libretti di non molte pagine, realizzati su carta poco pregiata, con caratteri consunti e incisioni sul frontespizio, prodotti a costi molto bassi.

   Tra queste tipografie vi era quella di Giacomo Menichelli (* Ronciglione, 12.05.28 † Ivi, 05.03.1705), attiva dal 1656, presso la quale il libretto conservato a Roma ha visto la luce.

   Spero di poter fornire, a breve (non appena avrò consultato il testo direttamente),  notizie più certe sull’argomento.

 

Giuseppe Pio Capogrosso

 

1)  La prima notizia del ritrovamento è stata data, sulle pagine di questo giornale, con l’articolo dal titolo “Il probabile rinvenimento del libretto sul Digiuno dell’Immacolata stampato nel XVII secolo” pubblicato il 31.7.2016.

2)  Per le ricerche relative al libretto, ringrazio Mons. Franco Dinoi arciprete della Collegiata SS. Trinità di Manduria e, soprattutto, Don Dario De Stefano, vicario foraneo di Manduria e parroco della Chiesa di San Giovanni Bosco di Manduria, all’intervento del quale devo la copia del frontespizio del testo.

3) All’epoca delle repubbliche marinare il termine Maona stava ad indicare un’associazione di famiglie di mercanti costituita per sfruttare commercialmente, in forma monopolistica, un territorio o un’isola in regime di concessione. Famosa fu, appunto, la Maona dei Giustiniani di Scio, albergo o aggregazione gentilizia costituita da diverse famiglie genovesi, riunitesi sotto lo stesso nome Giustiniani. Nel 1362, infatti, gli azionisti della Maona o Società armatrice (che nel 1349 aveva assunto l'amministrazione di Scio, ricca di allume) e che aveva la sua sede in Genova nel palazzo Giustiniani, rinunziarono ai rispettivi nomi, assumendo quello del palazzo in cui erano riunite. La Maona Giustiniani costituì, quindi, un esempio di fusione di famiglie in "albergo" per lo sfruttamento delle risorse e dei commerci incentrati sull'isola egea di Chio (anticamente Scio), la cui amministrazione le era stata concessa dalla Superba (la Repubblica di Genova).

Nel 1566, alla conquista dell’isola da parte dei turchi, seguì la fuga di molti esponenti della famiglia, alcuni dei quali si rifugiarono a Costantinopoli, altri in Italia, stabilendosi a Genova, Roma, Napoli, Lecce ed in altre località. Solo alcuni superstiti restarono nell’isola egea, dove ancora sopravvive il cognome Giustiniani e sue varianti.

Con l’arrivo dei turchi, alcuni ragazzi, appartenenti alla famiglia, furono presi in ostaggio e diciotto di essi furono barbaramente trucidati, per non essersi convertiti alla religione degli occupanti. Essi  furono poi canonizzati dalla Chiesa.

4) Biblioteca comunale “Marco Gatti”, Manduria (TA), Librone magno delle famiglie mandurine, col.449. Nel manoscritto la famiglia è indicata anche come Moro e, successivamente, solo come Giustiniani. Moroni era il nome di una delle famiglie aggregate nell’albergo.

Alcuni rami della famiglia Giustiniani di Casalnuovo-Manduria si trasferirono a Napoli e a Lecce. Attualmente il cognome non è più presente a Manduria, ma si conserva come toponimo di una masseria dell’agro manduriano e di un’altra in agro di Torricella, probabilmente appartenute alla famiglia.

5) Lo stemma della famiglia Giustiniani era "di rosso al castello fortificato di tre torri, quella di mezzo più alta: il tutto d'argento, al capo d'oro alla aquila nascente coronata di nero". L'aquila imperiale fu aggiunta nel 1413 con il permesso dell’imperatore Sigismondo, che aveva nominato conte palatino Francesco Campi Giustiniani, ambasciatore presso la sua corte.

6)  Nell’aprile 1589, un esponente della famiglia Giustiniani di Casalnuovo-Manduria, Giovanni Camillo (già sindaco della città) acquistò all’asta pubblica il palazzo di Scipione Pasanisi, benefattore e fondatore del locale convento dei Servi di Maria. L’acquisto avvenne con l’aiuto e l’intermediazione del vicemarchese don Stefano Pallavicino, genovese.

La notizia è riportata da Maria Grazia Mariggiò, I Servi di Maria a Manduria dal sec. XVI al sec. XIX, Napoli 1995, pag.30.

7) Arciconfraternita dell’Immacolata di Manduria, Librone magno del digiuno, carte 2r e ss.

8) Nelle immagini: La copertina del libretto rinvenuto; Lo stemma della casata Giustiniani; Il frontespizio e la prima pagina delle “Lettere memorabili” dell’abate Michele Giustiniani, nella edizione romana del 1675.









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