venerdì 19 aprile 2024

07/10/2018 15:48:15 - Salento - Attualità

Nel 2017 la Puglia ha avuto un saldo di mobilità negativo per 181 milioni, perché le cure fuori regione costano 341 milioni e quelle in ingresso ne recuperano solo 160 milioni di euro

 

Certo fa impressione: ormai da anni l’ospedale preferito dai pugliesi che decidono di curarsi fuori è una clinica privata delle Marche, dove lo scorso anno ben 1.029 persone (per due terzi baresi) sono andati per un semplice intervento di alluce valgo. Ma i dati della mobilità passiva, che pure vedono una netta riduzione (in 10 anni i ricoveri extraregionali sono calati del 21% dai 73mila del 2006 agli attuali 58mila), continuano a segnalare lo stesso fenomeno: ortopedia e oncologia sono i settori in cui si continua a scegliere di allontanarsi dalla Puglia.

I dati elaborati da Lucia Bisceglia dell’Agenzia regionale socio-sanitaria vanno però letti con un po’ di occhio critico. Soprattutto per quello che non dicono. Il 13% dei ricoveri fuori regione, infatti, sono riconducibili a persone che vivono fuori ma hanno mantenuto la residenza. Un altro 14% è costituito dai residenti frontalieri (soprattutto quelli di Foggia e Taranto), che utilizzano indifferentemente gli ospedali pugliesi o, ad esempio, quelli lucani: questo spiega perché nell’elenco a destra figuri l’ospedale di Matera, o anche perché l’85% dei ricoveri in mobilità verso il Molise riguarda i foggiani.

In tutto quello che resta, c’è una quota per certi versi obbligata (riguarda chi si rivolge ai centri di riferimento nazionale per determinate patologie) e poi la quota legata a a un problema reputazionale: e questo riguarda l’oncologia e lortopedia. Per la chirurgia oncologica (che vale il 13% degli interventi totali in mobilità, in costante riduzione), gli esperti ritengono la mobilità non giustificata se non per alcune patologie estremamente rare. «Gli indicatori di qualità delle cure su polmone e mammella - spiega infatti il commissario straordinario dell’Aress, Giovanni Gorgoni - hanno le stesse performance del resto delle strutture nazionali, eppure chi ha bisogno di cure dà per scontato di non poter avere le migliori chance di guarigione restando in Puglia».

La questione dell’ortopedia merita un approfondimento. A fronte di 32mila ricoveri totali nel 2017 per le malattie del sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo (è compresa dunque, ad esempio, l’artrosi), quelli fuori regione sono stati 9.961, ovvero il 30%: un pugliese su tre sceglie di andare fuori. Perché? Probabilmente - a parte le considerazioni sulla qualità - per via delle carenze di personale: i servizi ortopedici degli ospedali pugliesi hanno un numero limitato di sedute operatorie e quindi scelgono di privilegiare (naturalmente) traumi e urgenze, quindi le protesi, e ad esaurimento tutto il resto. Ecco qui l’alluce valgo (2.300 interventi in mobilità), per il quale si sceglie soprattutto Villa Pini di Civitanova dove opera un chirurgo che utilizza una tecnica molto efficiente. Ma ci sono anche le 2.156 protesi (quasi sempre di anca o femore) impiantate fuori regione, alla Humanitas, al Rizzoli di Bologna, al Gavazzeni di Bergamo. Ci vanno soprattutto foggiani o baresi.

Nel 2017 la Puglia ha avuto un saldo di mobilità negativo per 181 milioni, perché le cure fuori regione costano 341 milioni e quelle in ingresso ne recuperano solo 160. La lotta alla mobilità si fa sull’appropriatezza delle cure (gli interventi sul ginocchio: si contrastano i ricoveri perché si può procedere in ambulatoriale), ma anche sulla qualità dell’offerta. L’esempio più calzante sono le patologie della tiroide: oggi la mobilità è scesa al 18% (la relativa voce infatti non compare più tra le prime dieci), mentre dieci anni fa era al 60%. Il motivo è duplice: ci sono in Puglia chirurghi molto bravi che hanno cominciato a fare casistica, e la apertura delle radioterapie metaboliche di Taranto e Barletta (prima c’erano solo S. Giovanni Rotondo, Policlinico e Brindisi).

È vero poi che su alcune patologie specifiche e rarissime è inevitabile che ci sia un unico centro di riferimento nazionale, vedi le malformazioni congenite dei neonati. Ma i 3mila ricoveri pugliesi al Bambin Gesù (755 da Bari, 648 da Lecce) è probabilmente indice di qualche carenza strutturale. Lo è, senz’altro, il dato dei 1.517 interventi fuori regione per l’obesità, per i quali si sceglie soprattutto il minuscolo Policlinico di Osio Sotto: 729 ricoveri riguardano residenti del Barese, dove esiste un Irccs (Castellana) specializzato sulla gastroenterologia, che dovrebbe occuparsi anche di questo tipo di patologie.









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