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09/04/2020 12:36:41 - Manduria - Cultura

Quando a notte fonda, forse proprio a mezzanotte del giovedì, sfilava in corteo l’Arciconfraternita della Morte ed Orazione, il cui passaggio, tra le case del paese, era spesso annunciato dai confratelli con il lugubre grido “la morte, la morte!”

 

“E s’inizia a mezzogiorno la visita dei sepolcri.

La prima ad uscire è la Congregazione del Sacramento. La Croce dei Misteri apre il corteo, ed accanto alla croce v’è un ragazzetto che scuote e rotea freneticamente la raganella strepitosa fatta di una pala di legno a cui sono attaccati due battenti di ferro.[…] E le processioni si svolgono continuamente fino all’alba del Venerdì Santo.” (1).

   Con queste significative immagini Michele Greco descriveva alcuni riti della Settimana Santa mandurina in un suo articolo, apparso nel 1926 su una rivista locale.

 Si trattava delle visite che, il Giovedì Santo, tutte le confraternite e le congregazioni laicali di Manduria effettuavano ininterrottamente, in forma solenne e processionale, ai Sepolcri allestiti nelle numerose chiese della città (2).

 Come riferiva il Greco, le processioni avevano inizio a mezzogiorno del Giovedì, con l’Arciconfraternita del SS.mo Sacramento e proseguivano, ad intervalli regolari di circa un’ora l’una dall’altra, per tutto il pomeriggio e la notte, fino all’alba del giorno seguente.

 Da racconti di familiari ho appreso che, intorno alle ore tredici, si avviava in processione la Congregazione dell’Addolorata, con la propria statua della Vergine, muovendo dalla chiesa di San Michele Arcangelo o Sant’Angelo (fino al 1945 sede confraternale, non essendo ancora tornati ad officiarla i Servi di Maria), mentre a notte fonda, forse proprio a mezzanotte, sfilava in corteo l’Arciconfraternita della Morte ed Orazione, il cui passaggio, tra le case del paese, era spesso annunciato dai confratelli con il lugubre grido “la morte, la morte!”.

 Molte di queste confraternite recavano con loro la effigie della Madonna Addolorata che così andava vagando con esse, di chiesa in chiesa, alla ricerca di suo Figlio.

 Di questa tradizione, che -almeno nella sua forma originaria- è stata perduta, le fonti storiche locali offrono numerose tracce.

 Un chiaro accenno ai riti del Giovedì Santo si trova in alcune pagine del Tarentini, nelle quali, con riferimento alla locale Confraternita del Carmine, è scritto: “Anche la statua dell’Addolorata volle la congregazione del Carmine e l’usa per la visita ai sepolcri.” (3). Questa statua, fortunatamente, esiste ancora ed è esposta alla venerazione dei fedeli nella chiesa del Carmine di Manduria, in una nicchia a destra dell’ingresso.

Sempre Tarentini, occupandosi dell’antica Confraternita della S.Croce o San Rocco (che dalla chiesetta omonima di via Sant’Antonio si trasferì nel 1813 nella chiesa di Santa Maria di Costantinopoli), riferisce“Trasferitosi quivi il pio sodalizio, condusse l’antica statua di S.Elena, quella di S.Rocco e la Croce grande formata di ruvide travi, che si portava in processione il Giovedì Santo.”. L’autore, poi, arricchisce la notizia con un particolare molto suggestivo ed interessante, specificando che l’antica croce portata in processione dai confratelli “…era l’albero della repubblica il quale si piantò in mezzo alla villa nel 1799” , ossia l’albero della Repubblica Partenopea innalzato a Manduria (4).

 Vi è anche da aggiungere che, proprio nella chiesa di S.Maria, molti ricorderanno una statua dell’Addolorata con abito in pizzo nero, del tipo usato per i riti della Settimana Santa, collocata in una nicchia a destra dell’entrata. Ciò almeno fino al decennio 1980 - 1990. La statua, molto probabilmente, era stata usata nel passato proprio per la visita ai Sepolcri insieme alla grande Croce. Quest’ultima –secondo quanto mi ha riferito un anziano frequentatore di detta chiesa- sembra che fosse arricchita dai simboli della passione e che sia stata portata in processione fino alla metà del ‘900.

 Una bella statua della Vergine, usata sempre per le processioni del Giovedì, era conservata nella chiesetta, oggi scomparsa, di S. Eligio. La sacra effigie è ricordata dagli anziani per il fatto di avere avuto la veste in tessuto di colore viola: una particolarità rispetto al colore nero usato per le vesti delle altre statue.

 A sua volta la notizia, riguardante la processione organizzata dalla Confraternita dell’Addolorata, è confermata da un documento, conservato nell’Archivio vescovile di Oria, contenente un questionario compilato dal rettore per la visita del vescovo diocesano del 1886, nonché dalla cronaca del convento dei Serviti di Manduria che, alla data del 18 Aprile 1946, riporta “Assecondando un’antica consuetudine, alle ore 13 dalla Chiesa di S.Michele si snoda la processione della SS. Vergine Addolorata che vien portata nelle diverse chiese per la cosiddetta visita ai Sepolcri.” (5).

 Infine, un’altra precisa testimonianza sulle processioni del Giovedì Santo è presente sul sito internet dell’Ordine Francescano Secolare della chiesa di San Francesco di Manduria, e riguarda la visita ai Sepolcri che, un tempo, era organizzata dalla fraternità secolare.

La notizia riportata da Buccolieri Tondo Antonia (1987), è la seguente: “Molti terziari ancora viventi ricordano la suggestiva processione che i terziari facevano tra la notte del giovedì e l’alba del venerdì santo per andare a visitare Gesù Eucarestia nelle diverse chiese del paese. A questa pia manifestazione partecipavano, tra cordigeri e terziari, circa quattrocento persone che con molta devozione e con appropriati canti e preghiere andavano per le vie del paese portando anche in processione la statua della Madonna Addolorata, seguiti da un folto numero di manduriani.” (6).

 La tradizione, pertanto, consisteva nella visita che le confraternite al completo, succedendosi l’una all’altra ad intervalli regolari, effettuavano ai Sepolcri allestiti nelle chiese della città. Ciò a differenza di quanto accade in altri centri limitrofi, nei quali, invece, la visita è effettuata a turno da singole poste di confratelli dello stesso sodalizio.

   Da testimonianze raccolte, i riti del Giovedi Santo, nella forma più ricca appena descritta, sono sopravvissuti almeno fino al secondo dopoguerra, per poi essere soppiantati dalle forme molto più semplici di quelli che si svolgono attualmente.

   Le ragioni sono ancora da chiarire.

   Forse si sarà trattato del solito cedimento ai sostenitori della modernità, presenti anche negli ambienti ecclesiastici, oppure di semplice desuetudine legata alla progressiva secolarizzazione della società che è andata affermandosi negli anni ’50 del secolo scorso, sotto la spinta del cosiddetto “boom economico”.

   Per fortuna, invece, é rimasta sostanzialmente integra la processione dei Misteri del venerdì, della quale ho parlato diffusamente un anno fa, sempre su questo giornale, descrivendone il fascino e l’originalità rispetto a quelle di altri centri pugliesi.

   Qualche decennio addietro, sembra che proprio l’Arciconfraternita della Morte si sia attivata per essere autorizzata a ripristinare, il Giovedì Santo, la sua processione notturna con l’Addolorata, senza però riuscirci.

   Varrebbe la pena di insistere.  

* * * * * * *

 Altra antica usanza locale era quella delle nenie e delle preghiere popolari della Settimana Santa, delle quali riporto la seguente, da recitarsi, secondo quanto è scritto, il venerdì:

Mò si parti Maria ogni mumentu

Cu cranni tulori e ‘nu lamientu

Si parti e si ‘mbrazza allu legnu ti la croci

E si parti ogni mumentu

Cu cranni tulori e nu lamientu

Questa è la croci ca lu fiju mia è muertu

Custu è lu cchiù granni tulori ti lu cuerpu

Questa orazioni la oju 33 fiati allu giurnu

Lu Vinirdia Santu cu ‘na cannela picciata

Ti ‘na carosa vergini

‘n’anima ti lu Purgatoriu jé cacciata. (7)

 

 (Ora parte Maria ogni momento/Con grande dolore ed un lamento/Parte e abbraccia il legno della croce/E parte ogni momento/Con grande dolore ed un lamento/Questa è lacroce sulla quale il Figlio mio è morto/Questo è il più grande dolore del corpo./Questa orazione la voglio 33 volte al giorno/Il Venerdì Santo, con una candela accesa /da una figliola nata vergine/un’anima dal Purgatorio verrà liberata.).

    Il canto o preghiera si colloca, certamente, nell’antica consuetudine di pregare il Venerdì Santo per la liberazione delle anime del Purgatorio.

    Il testo in vernacolo manduriano è molto simile -nonostante la considerevole distanza che separa le due aree geografiche- a quello di alcuni canti del Venerdì Santo raccolti in Carnia (nel comune di Treppo Carnico) e di altri presenti anche in altre zone d’Italia.

 Per consentire ai lettori il confronto ne riporto uno, raccolto dalla studiosa Manuela Quaglia, nella versione in dialetto friulano e con la traduzione in italiano:

 Ave Maria di quei gran pianti.

“Ave Maria di quei gran pianti,/ di quei gran lamenti/ si partì ad andare a visitare/il Sant Sepulcri e i monumenti./ Duramente andava, duramente lacrimava:/ “Figlio mio, figlio mio/ sulla croce tu sei morto./ E l’imagjine di Marie, la dirèis 33 voltes,/la not di vinars sant/ e la gracje ch’a domandareis,/ un anime di pene gjavareis.” (E l’immagine di Maria la reciterete 33 volte, la notte del venerdì santo/ e la grazia che domanderete,/ un anima dalla pena toglierete) (8).

   Entrambi i canti riprendono, quindi, la pia consuetudine di recitare di venerdì e, soprattutto, di Venerdì Santo preghiere a suffragio dei defunti per aiutarli a liberarsi dal Purgatorio e raggiungere  prima il Paradiso. In particolare, si accostano ad una preghiera tratta dalle Orazioni di Santa Brigida (e, sembra, approvata dai Papi Adriano VI, Gregorio XIII e Paolo VI).
 La preghiera piuttosto conosciuta è questa:

 “TI ADORO O CROCE SANTA. Ti adoro, o Croce Santa, che fosti ornata del Cor­po Sacratissimo del mio Signore, coperta e tinta del suo Preziosissimo Sangue. Ti adoro, mio Dio, posto in croce per me.  Ti adoro, o Croce Santa, per amore di Colui  che è il mio Signore. Amen.”

 Essa andrebbe recitata, appunto, 33 volte il Venerdì Santo (per liberare 33 Anime del Purgatorio), mentre se recitata 50 volte gli altri venerdì, ne libererebbe cinque.

 Un’altra nenia popolare, che ritengo ai più sia nota, è quella che inizia nel modo seguente:

“Retu alli porti ti Santa Chiara

si sintìa ‘nu cranni rumori

e ci era e ci no’ era

era Cristu cu li Giutei.

Ci li tira ‘na martiddata,

ci li ‘nzacca ‘na curtiddata,

e lu sangu ca scurrìa

‘ntra lu calici si ni scìa.” (9)

 

    Si tratta di una cantilena ingenua, ma significativa, per la quale non è chiaro se il riferimento iniziale alle “porte di S.Chiara” sia casuale e privo di senso, oppure indichi specificamente la chiesa delle Clarisse di Manduria (come possibile luogo di sosta della processione prepasquale).

    Michele Greco, nello scritto che prima ho utilizzato per introdurre il mio, accenna a questi canti popolari della Settimana Santa quando dice, soffermandosi sulla Processione dei Misteri del venerdì:

“Cristo sosta nelle chiese e prima era accolto da lunghi cantàri di fanciulli, di cui è ancora superstite una lunga nenia che ha il suo principio con le parole: Piangi, piangi…” (10).

    E’ molto probabile che anche i canti e le nenie appena trascritte appartengano al genere indicato dall’autore.

 

    Buona Pasqua amici lettori.

 

    Giuseppe Pio Capogrosso

 

(1) Michele Greco, “Dalla Cinniredda alla Scarcedda, La Torretta, rivista quindicinale, n.1-2 del 31.3.1926, Manduria

(2) Attualmente, dopo la riforma liturgica, il sepolcro è in realtà l’altare della reposizione che viene allestito per custodire il Pane Eucaristico dopo la messa in Coena Domini del Giovedì Santo.

(3) sac. Leonardo Tarentini, Manduria Sacra, tipografia D’Errico – Manduria 1899.

(4) sac. Leonardo Tarentini, op.cit.

(5) Maria Grazia Mariggiò, “I Servi di Maria a Manduria dal sec. XVI al sec.XIX”, ed. Servi di Maria It.Meridionale, Napoli 1995, pagg. 167 e 183.

(6) Fonte: La fraternità dell’Ordine Francescano Secolare del Convento S. Francesco in Manduria Cenni storici di Buccolieri Tondo Antonia (1987) Sul sito web idi o.f.s. S.Francesco Manduria

(7) Trascrizione in dialetto da un appunto scritto da Modeo Filomena (nata 1912).

(8) Non solo Carnia, INFO DALLA CARNIA E DINTORNILaura Matelda Puppini 16 aprile 2015 Usanze della Settimana Santa in Carnia, parte seconda, in particolare a Treppo Carnico. Da Manuela Quaglia.

(9) Trascrizione del testo recitato da Modeo Filomena.

(10)     Michele Greco, op.cit.

(11)     Nelle immagini alcune statue dell’Addolorata uitilizzate per le visite ai Sepolcri del Giovedì Santo, appartententi nell’ordine a: Confraternita del Carmine, Arciconfraterna Morte e Orazione, ex Congregazione dell’Addolorata oggi Parrocchia di S.Micele Arcangelo dei Servi di Maria.









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