sabato 20 aprile 2024

05/11/2020 10:13:42 - Manduria - Cronaca

Il pm, che ha impugnato la sentenza di primo, chiede la condanna per associazione mafiosa anche per alcuni imputati assolti in primo grado e per di più va contestata l’aggravante dell’associazione armata, con conseguente aumento delle pene

La procura generale chiede di riscrivere diciannove delle 57 sentenze, tra condanne (da aumentare) e assoluzioni, decise dal giudice di primo grado al processo scaturito dall’inchiesta antimafia «Impresa».

Secondo il pubblico ministero dell’antimafia Stefano Milto De Nozza, che ha impugnato la sentenza di primo grado, vanno condannati per associazione mafiosa anche alcuni imputati assolti in primo grado e per di più va contestata l’aggravante dell’associazione armata, con conseguente aumento delle pene.

Al termine del processo di primo grado, con rito abbreviato, il giudice Giovanni Gallo a febbraio 2019 decretò 38 condanne e 19 assoluzioni. In sentenza il giudice stabilì che solo una delle tre presunte ramificazioni della cosca, quella manduriana, era mafiosa.

Il processo si è concentrato sulle attività del presunto clan della Sacra corona unita guidato da Antonio Campeggio, detto “Tonino scippatore”, tra cui i tentativi di infiltrarsi e condizionare l’attività politico-amministrativa locale che portò anche allo scioglimento per infiltrazione mafiosa del Consiglio comunale di Manduria (peraltro già sciolto per una precedente crisi amministrativa) per le ingerenze della criminalità.

«Con 500 voti teniamo il Comune nelle mani, ci sediamo come vogliamo, contiamo noi», diceva intercettato durante una riunione politica nel suo tinello. La pena più alta, 16 anni di carcere, andò proprio a Campeggio, mentre a 14 anni fu condannato Giovanni Buccoliero.

Tra i condannati anche l’ex presidente del Consiglio comunale manduriano Nicola Dimonopoli, medico del pronto soccorso, che finì ai domiciliari con l’accusa di aver chiesto l’aiuto del clan in occasione delle amministrative del 2013. E’ stato condannato per corruzione elettorale  due anni mentre l’accusa chiedeva condanna a quattro anni per scambio elettorale politico-mafioso.

A sette anni e quattro mesi fu condannato invece l’ex assessore allo Sport e spettacoli di Manduria Massimiliano Rossano, all’epoca finito in carcere con l’accusa di essere affiliato al clan. La sua condanna tuttavia non è stata appellata dal pm.

Il giudice di primo grado, tuttavia, aderì solo in parte alle richieste della procura antimafia, che aveva chiesto condanne per più di 300 anni per reati come associazione per delinquere, estorsione, riciclaggio e traffico di stupefacenti.

Il 2 dicembre prossimo inizieranno le arringhe dei difensori.









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