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29/03/2022 09:39:09 - Manduria - Cultura

Un libro-denuncia quello di Malala, ricco di messaggi a lunga gittata, che dal lontano Pakistan riesce a veicolare tolleranza, libertà, speranza in un futuro diverso per le donne di quel Paese

“Io sono Malala” di Malala Yousafzai, attivista e blogger pakistana, impegnata sul fronte dell’affermazione dei diritti civili delle donne, in particolare del diritto all’istruzione e allo studio, vincitrice nel 2014, a soli 17 anni, del Premio Nobel per la Pace.

Un libro-denuncia quello di Malala, ricco di messaggi a lunga gittata, che dal lontano Pakistan riesce a veicolare tolleranza, libertà, speranza in un futuro diverso per le donne di quel Paese. La voce di Malala si diffonde in tutto il mondo, fino a giungere nel 2013 all’ ‘Assemblea della gioventù delle Nazioni Unite’, come un’eco senza fine: «Prendiamo in mano i nostri libri e le nostre penne. Sono le nostre armi più potenti. Un bambino e una penna possono cambiare il mondo». 

In ‘Io sono Malala’, l’autrice racconta la sua famiglia. Conosciamo quasi subito la figura del padre, Ziauddin, insegnante e anch’egli attivista per i diritti umani, un uomo diverso dalla maggioranza degli uomini pashtun (gruppo etnico-linguistico presente nella regione del Pakistan occidentale), un padre che, in un paese in cui «quello in cui nasce una femmina è un giorno triste», è tanto felice per la nascita della figlia da inserirne il nome nell’albero genealogico della famiglia, dove erano riportati solo i nomi dei maschi.

L’appassionante descrizione della valle dello Swat ci conduce a Mingora, l’unica vera città della valle dove Malala vive con la sua famiglia in «una baracca scalcagnata di soli due locali, appena al di là della strada rispetto alla prima scuola che papà e i suoi amici avevano fondato» (p. 22).

Proprio il sogno di Ziauddin di aprire una scuola, divenuto urgenza personale e sociale, permea tutta l’infanzia e l’adolescenza di Malala, facendo transitare in lei la convinzione del padre che alla base di tutti i problemi del Pakistan ci sia l’ignoranza. Consapevole di ciò, Malala si batte al suo fianco per ottenere il diritto all’istruzione delle donne pakistane negato dal governo talebano instauratosi nel suo paese, con la motivazione che le ragazze a scuola apprendono uno stile di vita occidentale.

«L’istruzione non è né occidentale né orientale, è un diritto umano» — sostiene Malala (p. 143) nel blog che, tredicenne e con uno pseudonimo, cura per la BBC. Nel blog Malala racconta la propria quotidianità, manifestandola attraverso i sentimenti personali, ad esempio la paura, con cui impara presto a convivere; scrive anche della scuola, delle ragazze costrette a nascondere i libri sotto gli abiti tradizionali, mentre l’uniforme scolastica è vietata; dell’obbligo di indossare il burqa, alquanto scomodo e per niente divertente. Il blog ha molto successo. Malala comprende che «la penna e le parole che ne escono possono essere molto più potenti delle mitragliatrici, dei carri armati o degli elicotteri. Stavamo imparando come condurre la nostra lotta» (p. 138).

Costretta a vivere una guerra che non le appartiene, Malala vede rafforzati i suoi propositi dalla drammatica realtà che le si presenta sotto agli occhi ogni giorno. Emblematica l’immagine della bambina che vendeva arance: «Stava facendo dei segni con un chiodo su un pezzo di carta per tenere il conto dei frutti che aveva venduto, perché non sapeva né leggere né scrivere. Le scattai una foto e giurai fra me e me di fare tutto ciò che era in mio potere per garantire l’istruzione a tutte le bambine come lei. Era questa la guerra che intendevo combattere» (p. 191). 

Ma la battaglia più dura Malala la combatterà, vincendola, in un letto d’ospedale, dopo il devastante attentato subito nel 2012 e rivendicato dai talebani, perché colpevole di voler studiare.

Ad oggi la sua battaglia continua, sempre più forte e sempre più efficace. Dopo il suo  trasferimento in Inghilterra, Malala ha fondato, assieme al padre, il ‘Malala Fund’, un’organizzazione no-profit che si occupa dell’accesso all’educazione per le donne e i bambini nei paesi più poveri del mondo.

‘Io sono Malala’ è disponibile in biblioteca. Buona lettura!











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