sabato 27 luglio 2024

03/04/2023 11:06:49 - Manduria - Cultura

La tradizione popolare racconta che nel giorno di Lunedì Santo i contadini portano il ramo d’ulivo benedetto il giorno prima in campagna, a garanzia di proficui raccolti; le donne sono impegnate nella buona riuscita di piatti tipici, gastronomici e rituali (i ‘piatti di Cristo’); ha inizio l’allestimento dell’Altare della Reposizione (impropriamente chiamato ‘sepolcro’)

Con la domenica delle Palme ha avuto inizio un itinerario di fede e di devozione popolare che scandirà tutti i giorni della Settimana Santa. Sebbene il fulcro sarà il triduo pasquale (giovedì, venerdì, sabato), le giornate di lunedì, martedì e mercoledì rappresentano un viatico per quell’umanità sofferente in comunione con la Passione del Cristo.

Da qui, tutta una serie di strategie e di comportamenti evitanti alcune pratiche, messi in atto dai fedeli e talvolta avallati dalla Chiesa, per prendere le distanze, quasi disconoscere le azioni scellerate di coloro che quelle sofferenze hanno inflitto all’uomo sulla Croce, per un sacro senso di rispetto, per una determinazione a non esserne complici o per altro. Nondimeno, nell’aria di ‘Settimana Santa’, si respira la speranza del rinnovamento, della rinascita e, seppure a costo della Croce, della salvezza per l’uomo. Ecco dunque la frenesia dell’attesa, la preparazione rituale del cibo, l’accuratezza nell’addobbo del Repositorio e quant’altro porterà, da ultimo, alla gioia per la Resurrezione.

La liturgia ufficiale di questo giorno racconta di Gesù che, dopo aver resuscitato il suo amico Lazzaro, si trova a Betania. E' con i suoi  discepoli, e gli viene offerto un banchetto dove servono  Marta e Maria, le sorelle di Lazzaro, che pure è un commensale. La tradizione popolare racconta che nel giorno di Lunedì Santo i contadini portano il ramo d’ulivo benedetto il giorno prima in campagna, a garanzia di proficui raccolti; le donne sono impegnate nella buona riuscita di piatti tipici, gastronomici e rituali (i ‘piatti di Cristo’); ha inizio l’allestimento dell’Altare della Reposizione (impropriamente chiamato ‘sepolcro’).

 

LUNEDÌ SANTO

Da ‘La Festa Cresta – Dalle Palme al Sabato Santo con la gente del Sud’ di Rosario Jurlaro, con 21 tavole illustrate di Domenico di Castri, Longo 1983.

«Le devozioni e le fatiche, anche per il lunedì santo, sembrava dovessero essere le stesse che per ogni altro inizio di settimana. (…) Cristo, unto dalla Maddalena, ancora una volta preconizzava la sua prossima morte. (…) I contadini,  a piedi o con la bicicletta o con il carro tirato dall’asino ed i cagnolini fulvi al lato, andavano in campagna per accudire ad alcuni impegni di poco conto, perché quella settimana era come squartata dalle feste che, quelli che avevano da vivere, dovevano ben rispettare. Si portavano dietro la zappa, ma preferivano non usarla, perché sarebbe stato come scavare la fossa per la sepoltura di Cristo; la scure non si poteva adoperarla perché aveva la lama tagliente e, come i coltelli e tutte le armi, avrebbe in quel giorno ferito il corpo di Cristo. Vi era chi a pranzo o a merenda il pane (…) quando erano quei giorni di settimana santa, non sapeva come frazionarlo, perché non poteva usare il coltello. (…) I fabbri per tutta la settimana stavano accorti a non forgiare i chiodi, perché sarebbe stato come forgiarli per crocifiggere Cristo. (…)

Vi era anche in quel lunedì chi sapeva i canti della risurrezione e, ornata una palma grande grande con nastri colorati, partiva dal suo paese ed andava alla periferia di altri paesi ove piantava, per qualche ora, quell’albero intorno al quale cantava, tirandosi a cerchio la gente che alla fine dava un soldo di compenso e taluni davano un piatto di minestra o un pezzo di pane (…) 

ll lunedì santo, e gli altri giorni della settimana, fino al mattino di sabato, potevano dolere i denti da martoriarsi, nessun barbiere, che allora era anche cavadenti e salassatore, si sarebbe prestato a cavarne uno dalla bocca di un cristiano, perché non erano pratiche di quei giorni in cui Cristo soffriva fino alla morte.

Per evitare e, si direbbe, per scongiurare i dolori di capo per tutto l’anno, le barberie erano particolarmente affollate dal vespero alla sera del primo venerdì di marzo, perché si credeva, e la Chiesa lasciava si credesse, che, tagliati i capelli in quel giorno in cui Cristo era morto in croce con la corona di spine stretta alla fronte, sarebbe stato come porgere il proprio capo pulito a quella corona che i confratelli delle varie congreghe, proprio quel lunedì santo, dovevano confezionarsi procurandosi in campagna o teneri virgulti di biancospino ancora non fiorito o lunghi steli di asparagi selvatici che, sulla fronte ed intorno al capo, avrebbero lasciato le tracce di una patita sofferenza.

(…) Nella cappella del Sacramento si iniziava, il lunedì, a costruire l’addobbo per il sepolcro ed era, prima che di altri, opera di falegnami. Questi alzavano lo scheletro di tutto il monumento che si voleva riprodurre inchiodando assicelle di legno, ma senza che la testa dei chiodi toccasse il legno, perché non si doveva essere crudeli come quelli che in quei giorni inchiodarono Cristo alla croce (...). Venivano attaccati con i chiodini da calzolaio i cartoni alle assicelle e poi, con spilli, le carte ed i drappeggi, perché tra le colonne di templi pagani, crollati alla morte del Cristo, i drappi rossi della fede gallonati d’oro riparassero, come nella tenda del re vittorioso, tra quei ruderi, l’Eucaristia e l’urna che tutti ritenevano come il sepolcro di Cristo.

(…) I macellai, che per l’intera quaresima avevano servito soltanto l’ospedale, per i pochi ammalati che avevano ottenuto licenza dal prete di poter mangiare carne perché ammalati (…) il lunedì santo ponevano fuori anche il bancone e la bilancia perché fino al sabato non avrebbero venduto. Arrivava allora l’imbianchino con le tinozze e la calce ed i secchi pieni di acqua ed i pennelli legati in cima alle canne di varie lunghezze, lucide verso la base e calcinate in alto. (…) Anche nelle botteghe dei macellai che, quasi incrudeliti dall’abitudine ad uccidere, non potevano avere figli preti, con la pasqua si faceva festa ed era d’esempio per chi da tempo non si confessava».

 









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