venerdì 17 maggio 2024

10/02/2024 08:43:32 - Manduria - Attualità

Si stima che le vittime delle ‘Foibe’ furono tra le cinquemila e le diecimila: migliaia di italiani (ma non solo) furono imprigionati, fucilati e gettati nelle ‘foibe’, cavità carsiche dell’Istria e della Dalmazia dai partigiani jugoslavi

Il Governo italiano, con legge n. 92 del 30 marzo 2004, ha istituito il “Giorno del Ricordo”, una solennità civile da celebrarsi il 10 febbraio di ogni anno “in memoria delle vittime delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata”, tristi vicende umane prima che politiche che seguirono il secondo conflitto mondiale. Vent’anni dopo, un disegno di legge, approvato dal Consiglio dei Ministri il 31 gennaio scorso, istituisce un ‘Museo del Ricordo’, “un luogo-simbolo per far emergere dall’oblio tutti i ricordi cancellati dalla storia”. Perché il 10 febbraio? Perché in quel giorno del 1947 un trattato di pace decretò l’annessione delle province italiane di Pola, Fiume, Zara e alcune zone di Gorizia e Trieste all’allora Jugoslavia.

Per attuare significativamente quanto contenuto nelle sue linee programmatiche, la nuova istituzione museale dovrà, oltre a ‘ricordare’ gli avvenimenti, affrontare, altresì, le complesse tematiche che ne sono alla base, illuminando, con un fascio di luce bianca i coni d’ombra di un passato storico tutto da conoscere e sul quale far riflettere le giovani generazioni.

È un passato del secolo scorso, quello tra l’ottobre del 1943 e il maggio del 1947. Nell’impossibilità di una cifra precisa, si stima che le vittime delle ‘Foibe’ furono tra le cinquemila e le diecimila: migliaia di italiani (ma non solo) furono imprigionati, fucilati e gettati nelle ‘foibe’, cavità carsiche dell’Istria e della Dalmazia dai partigiani jugoslavi. Le vittime compongono un quadro variegato per nazionalità e ideologia politica, accomunate unicamente dallo status di oppositori (o presunti tali) della politica slava di quegli anni. Sorte non meno drammatica quella di tanti istriani, fiumani e dalmati che furono costretti ad abbandonare la propria terra, profughi abbandonati a se stessi, incolpevoli additati, talvolta relegati in ghetti alle periferie delle grandi città, talaltra accolti compassionevolmente da famiglie ospitali.

Il racconto che segue è di un sopravvissuto, il tenente Graziano Udovisi (nativo di Pola, scomparso nel 2010).

"C'è un movimento intorno, devo piegare di molto all'indietro la testa per vedere qualcosa e scorgo corpi, anzi delle masse informi alterate come maschere, dipinte d'un colore rossastro. Per quanto posso, punto meglio il mio sguardo sul corpo più vicino e noto un lento, continuo sgorgare di sangue dalle tante ferite che rendono la sua schiena una poltiglia informe. Pure un altro si guarda intorno. Un occhio diventato una massa nera, gonfia, chiusa, mostruosa, si erge sul volto rigato di sangue, che cola dal capo e dall'irriconoscibile fronte ...Con uno sforzo cerco di alzarmi, traballo, cado sui ginocchi vorrei stendere le mani …le mani no, non posso aiutarmi sono legate dietro la schiena col filo di ferro "Presto bastardi, traditori, presto! Mettevi in fila!" comanda il grosso, alto caporione calciando il corpo steso per terra e strattonandomi per i capelli...

[Ha inizio il calvario verso là Foiba. Il capo] ... mi si avvicina e sferza ripetutamente il mio corpo rabbiosamente. Mi fa avanzare, estrae lentamente la pistola dalla fondina, la impugna per la canna e picchia con forza il calcio dell'arma all'altezza del mio orecchio già precedentemente leso. Sento la mascella staccarsi, cedere. Al momento non sento dolore. La lunga tortura mi ha reso insensibile..."Avànti, avanti!" Il filo di ferro preme là dove si è fossato, nell'incavo interno del gomito, sul tendine del muscolo, e il dolore si manifesta gradualmente con il tremito di tutto il corpo ....Cado... Fulminea arriva la pesante vigliacca botta ... Vengo sospinto sul terreno in pendenza ... c'è una roccia ai miei piedi, bianca, che scende in verticale e si perde in una grande fossa scura, voragine già conosciuta in altra parte, non lontano da qui. Madonna, Madonna mia! E' la foiba!

"Siamo pronti, il masso è legato al collo" dicono alcune voci ... Il mortale crepitio delle armi é assordante, vedo la fiamma uscire da uno dei mitragliatori puntato su di noi. Mi sento spingere, non attendo oltre, mi butto ....Cado su di un ramo sporgente che sembra trattenermi, ma subito si strappa e rovina con me. Precipito in quella gola nera. Un tonfo, più tonfi e l'acqua si chiude su di noi. Mi sento trascinare giù verso il fondo. L'istinto di conservazione mi fa muovere ritmicamente gambe e braccia indolenzite per giungere in superficie. Tocco una grossa zolla erbosa, no è una testa e tra le mie dita ci sono i capelli. Afferro e tiro spasmodicamente verso di me quel corpo quasi inerte. Risaliamo insieme, sono a pelo d'acqua, emergo con la testa e respiro a pieni polmoni."

Gli assassini sono rimasti sul posto, hanno sentito fruscii sospetti provenienti dal fondo e per chiudere definitivamente l'impresa eroica lanciano una bomba a mano, poi ancora una seconda. I due infoibati, dopo un po' si rendono conto che tutto sembra finito."L'amico - racconta Udovisi - mi fa notare una rientranza che ci può accogliere. Ascoltiamo se giunge qualche suono di voce o rumore di passi ...Con fatica ci arrampichiamo e ci rannicchiamo in quel breve spazio".

 

La testimonianza è presente su https://digilander.libero.it/lefoibe/testimonianze.htm#graziano

 









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