mercoledì 30 aprile 2025


17/02/2025 08:00:56 - Manduria - Attualità

Giovanni sfidava la calura estiva di metà giornata. Camminava con passo flemmatico sul selciato rovente, proteggeva il capo con una pajetta e stringeva in mano un fazzoletto con cui si asciugava frequentemente la fronte imperlata di sudore

Il 3 settembre, giorno dei festeggiamenti patronali in onore di San Gregorio Magno, era ormai alle porte. Sulla principale piazza Garibaldi, un tempo denominata Piazza di Porta Grande, dominava, austero e severo, il palazzo dei principi Imperiali, impreziosito dalla balconata poggiante su mensoloni scanalati e arricchita da una ringhiera in ferro battuto.

Giovanni sfidava la calura estiva di metà giornata. Camminava con passo flemmatico sul selciato rovente, proteggeva il capo con una pajetta e stringeva in mano un fazzoletto con cui si asciugava frequentemente la fronte imperlata di sudore. Con l’altra mano, mentre armeggiava con il bastone da passeggio, indicava al responsabile della ditta di luminarie, appaltata per l’occasione, il punto esatto della piazza in cui allestire la cassa armonica.

«Filippo, qui l’acustica è migliore e la cassa armonica è ben visibile anche da Corso XX Settembre», suggeriva convinto Giovanni. «Quest’anno voglio organizzare una sontuosa festa per Manduria. È in corso questa dannata guerra, ma non priverò i nostri concittadini del piacere di ascoltare della buona musica. Faremo esibire il prestigioso Concerto Bandistico “Città di Manduria” e le migliori bande della zona. Non lesinerò un centesimo! Costi quel che costi!»

«Come comanda la vostra signoria, don Giovanni, farò come mi dite!» rispose Filippo Bencivenga, un impresario locale della premiata e omonima ditta. L’uomo era un traffichino cinquantenne, dal volto scavato e dal fisico smilzo, con una gamba claudicante a causa di una vistosa menomazione che probabilmente si portava dietro sin dalla nascita.«Dobbiamo disporre le luminarie lungo il perimetro di Piazza Garibaldi e della via principale?» domandò interessato l’impresario.

«Sì, Filippo, e non solo. Dovranno essere montate anche in prossimità dei giardini pubblici. Come stabilito dal programma civile e religioso, pubblicato dalla Congregazione della Santissima Trinità, la processione con la statua di San Gregorio percorrerà, come da consuetudine, le vie principali del paese, transiterà per via Nettuno e farà ritorno alla chiesa matrice, dove è custodita.»

«Quelli della congrega e la gente in processione dovranno passare per quella strada stretta?»

«Proprio così. Lo spazio è sufficiente per far transitare il Santo. Vi ricordate, Filippo? Eh… ma voi siete più giovane di me,» rispose Giovanni, abbandonandosi con nostalgia ai ricordi. «Fino a qualche decennio fa, c’era l’usanza di trasportare il simulacro del nostro protettore su un carro trainato da due buoi.»

«Mi ricordo perfettamente, don Giovanni! Ero bambino, ma ricordo bene!», lo interruppe improvvisamente Filippo. «A quei tempi, San Gregorio veniva posto su un vistoso e altissimo carro, in una struttura a forma di chiesetta, sormontata da una cupola e illuminata da numerosi lumini.»

«Sul pianale saliva anche la flòttula[1], e un inserviente si occupava di riaccendere le lampade spente. Le ruote del carro erano foderate affinché non fossero visibili dai fedeli», continuò nella descrizione Giovanni. «I buoi erano addobbati a festa: due panni di colore rosso scendevano dalla loro fronte, dove era posto un piccolo specchio. Sulle estremità delle loro lunghe corna venivano praticati dei fori, dai quali penzolavano fasci di cotone rosso e fili di lana congiunti alle estremità.»

«Con mio profondo rammarico, e con quello dell’intera cittadinanza, oggi non è più possibile far rivivere quella tradizione», continuava nostalgico Giovanni. «Il passaggio di un carro di quelle dimensioni sarebbe impedito dai fili elettrici aerei, sospesi tra le pareti degli edifici cittadini», concluse l’uomo.

 

Walter Pasanisi


[1]Piccolo complesso musicale che operava durante le pubbliche feste.

 











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