Quello di ieri, a Maruggio, è il terzo in pochi giorni in questa zona

Altre fiamme nell’area orientale della provincia tarantina. Altre aree di verde in fumo. Il tutto in pochi giorni.
Incendi, questi, che richiedono una necessaria riflessione.
Cosa li provoca: il caso, la mano dolosa dell’uomo o la mancanza di prevenzione?
Definire questi eventi come “frutto del caso” sembra riduttivo. È vero che esistono fattori naturali che possono innescare incendi, ma il numero, l’intensità e la frequenza degli incendi superano ampiamente quelli che si potrebbero attribuire a cause naturali o casuali. Dietro questi numeri si celano dinamiche molto più complesse.
Molti incendi sono riconducibili all’azione umana. In certi casi si tratta di veri e propri atti criminali: piromani che appiccano il fuoco intenzionalmente, spesso per interessi legati al territorio. In altri casi, il fuoco nasce da comportamenti irresponsabili, come accendere fuochi nei boschi, gettare mozziconi accesi o bruciare sterpaglie in modo incontrollato.
Un elemento fondamentale è la scarsa prevenzione. Alcune aree boschive non vengono curate, mancano linee tagliafuoco, i piani di emergenza sono spesso obsoleti o non applicati. A tutto ciò si deve aggiungere un altro fattore: le risorse per la manutenzione e il controllo del territorio sono minime, mentre la burocrazia rallenta o blocca interventi rapidi ed efficaci.
L’ondata di incendi di questa estate, insomma, non può essere spiegata semplicemente con la “sfortuna” o con eventi isolati. È il risultato di una combinazione pericolosa: l’azione (spesso dolosa) dell’uomo, l’assenza di strategie efficaci di prevenzione, e un clima sempre più estremo.
Affrontare questo problema significa investire nella cura del territorio, educare alla responsabilità ambientale, e punire con severità chi danneggia volontariamente l’ambiente. Solo così si potrà iniziare a contenere una piaga che, anno dopo anno, devasta paesaggi, mette a rischio vite umane e distrugge risorse naturali fondamentali per tutti.



Condividi