venerdì 05 dicembre 2025


27/08/2025 19:10:41 - Manduria - Attualità

La riflessione del ricercatore della tradizione bandistica pugliese pubblicata in un post: «Manduria meriterebbe ben altro: una festa patronale luminosa, viva, che unisca fede e cultura, capace di attrarre visitatori, di educare le nuove generazioni alla bellezza della nostra tradizione bandistica»

«Il mio giudizio sulla festa patronale di san Gregorio Magno a Manduria: scrivo questo mio pensiero non da cittadino manduriano, ma da musicologo e ricercatore della tradizione bandistica pugliese e delle feste patronali del Mezzogiorno d'Italia.

Ed è con sincero rammarico che osservo come, ancora una volta, una comunità così importante e così ricca di storia si ritrovi a celebrare il proprio patrono in modo tanto povero e dimesso.

Quest’anno, a Manduria, la festa patronale è stata ridotta a una cornice essenziale: luminarie quasi inesistenti, nessuna scenografia luminosa in grado di restituire lo splendore di un tempo, una sola cassarmonica allestita più per dovere che per volontà di costruire un vero programma musicale; un gesto di rispetto verso le bandicelle locali che con passione cercano di mantenere viva una tradizione, ma certamente insufficiente a restituire il valore storico e culturale che questa città dovrebbe esprimere.

Eppure Manduria non è un piccolo centro privo di mezzi: è città messapica di origini antichissime, erede di un patrimonio archeologico e artistico straordinario, ed è soprattutto la capitale del Primitivo di Manduria, un vino che porta in alto il nome di questo territorio a livello mondiale.

Un centro con tali risorse economiche e culturali potrebbe organizzare una festa patronale capace di coniugare fede, musica e tradizione.

Le feste patronali, in Puglia e in tutto il Sud, non sono mai state meri intrattenimenti: esse rappresentavano, e dovrebbero rappresentare ancora, l’identità di un popolo.

Le luminarie erano architetture di luce che trasformavano le strade in cattedrali a cielo aperto, le bande da giro, quindi anche la banda di Manduria diretta in passato da nomi importanti come Lacerenza, Alise, Ligonzo, Ciervo, Cammarano con i loro concerti nelle piazze erano palcoscenici popolari che portavano Verdi, Donizetti, Mascagni e Puccini a un pubblico vasto e partecipe.

A Manduria, invece, tutto questo sembra ridursi a un’ombra sbiadita del passato.

Una città di 29.000 abitanti, con un’economia vitale, non può accontentarsi di un “compitino”, di una festa al risparmio, senza orgoglio e senza visione.

Da studioso e soprattutto da ricercatore, non posso non sottolineare quanto questo impoverimento sia grave non solo dal punto di vista religioso, ma soprattutto da quello culturale e identitario.

Una comunità che trascura le proprie feste patronali rinuncia a un pezzo importante della sua memoria collettiva.

Manduria meriterebbe ben altro: una festa patronale luminosa, viva, che unisca fede e cultura, capace di attrarre visitatori, di educare le nuove generazioni alla bellezza della nostra tradizione bandistica e di far sentire i cittadini parte di una storia comune.

Purtroppo Manduria, mostra l’immagine di una comunità che non sa più valorizzare il proprio passato e che rischia di smarrire la propria identità».

Pierfrancesco Galati