Oggi, nonno Angelo, a 94 anni compiuti, con orgoglio racconta a chiunque incontri la sua avventura con un sorriso contagioso: “La vita è fragile, ma sorprendente. Sono stato dato per morto, e invece eccomi qui, vivo grazie alla scienza, alla ricerca e a un apparecchio che non mi ha mai abbandonato”

Ci sono storie che il tempo non cancella, anzi: diventano patrimonio di una comunità. Una di queste è la storia di Greco Angelo, oggi 94enne, che il 4 ottobre 1978 vide la propria vita appesa a un filo. Un improvviso blocco cardiocircolatorio al ventricolo destro fece credere a tutti che fosse la sua ultima ora. La notizia della sua morte si diffuse rapidamente, gettando Manduria nello sconforto.
Ma quello che sembrava l’epilogo di una tragedia si trasformò, grazie al coraggio e alla lungimiranza di alcuni medici, in un inizio nuovo: una rinascita che oggi, 47 anni dopo, continua a commuovere.
Fu il dott. Pietro Brunetti, indimenticato cardiologo del pronto soccorso di Manduria, a capire che non tutto era perduto.
“Se riusciamo a portarlo vivo a Bari, ha una possibilità” disse.
E quella possibilità prese la strada dell’ospedale “Di Venere” di Carbonara, dove l’équipe barese stava muovendo i primi passi pionieristici nell’impianto dei pacemaker, allora una tecnologia rivoluzionaria e rara.
Ad accoglierlo c’era un giovane medico, il dott. Roberto Caroli, che con prontezza e determinazione lo prese in cura. In terapia intensiva Angelo ricevette quello che da allora definisce “il mio apparecchio salvavita”: il pacemaker.
Da quel giorno la sua vita cambiò per sempre.
In questi 47 anni, fra alti e bassi della vita, ha già sostituito nove volte il dispositivo, ha affrontato l’operazione con il sorriso, grato alla scienza e a quei medici che, con dedizione e competenza, gli avevano regalato anni che mai avrebbe immaginato di vivere.
Oggi, nonno Angelo ringrazia San Francesco, perché la data è significativa e a 94 anni compiuti, con orgoglio racconta a chiunque incontri la sua avventura con un sorriso contagioso: “La vita è fragile, ma sorprendente. Sono stato dato per morto, e invece eccomi qui, vivo grazie alla scienza, alla ricerca e a un apparecchio che non mi ha mai abbandonato”.
Questa ricorrenza non è solo il ricordo di una vicenda personale, ma il simbolo di ciò che la medicina può rappresentare: un miracolo quotidiano fatto di professionalità, intuito e speranza. È anche un tributo a chi allora seppe guardare oltre: al dott. Brunetti, che individuò la via della salvezza, e al dott. Caroli, che da quel giorno è rimasto nel cuore della famiglia come un riferimento prezioso, e che ancora lo tiene in cura, anche se ormai è diventato un medico in pensione.
La famiglia desidera ricordare con affetto i parenti che oggi non ci sono più – fratelli e cognati – che in quei momenti difficili furono loro accanto. E ringrazia tutti gli amici che, dopo aver vissuto l’angoscia per la notizia della presunta morte di Angelo, condivisero con immensa gioia la sorpresa e la speranza del suo ritorno alla vita.
Dopo 47 anni, nonno Angelo continua il suo viaggio insieme al suo pacemaker, compagno silenzioso e fedele, consapevole che ogni giorno è un dono da condividere.
La sua storia è un inno alla vita, alla scienza e alla forza della speranza.

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