venerdì 05 dicembre 2025


18/10/2025 10:18:17 - Manduria - Attualità

«Il Primitivo di Manduria è sparito dai bar, dai ristoranti, non perché valga meno, ma perché non è stato capace di comunicare quello che altri, molte volte anche meno blasonati, hanno saputo dire meglio»

Sulla crisi del Primitivo di Manduria raccogliamo alcune riflessioni dell’artista manduriano Ferdinando Arnò.

«Il Primitivo, a parole. Bella l’iniziativa degli agricoltori indipendenti. Davvero. Ma poi guardi, e ascolti, e capisci che il problema è lì davanti a te, sul palco.

Gli stessi che hanno accompagnato alla porta il Primitivo di Manduria, ora ci spiegano come salvarlo.

Uno: la politica.

Un governo, il cui Presidente del Consiglio ha firmato personalmente il saccheggio — insieme disgraziato e inutile, perché non porta ricchezza — di un territorio così prezioso. E che nello stesso tempo ha accettato, in silenzio, l’aumento dei dazi americani, condannando il nostro vino a costare di più, a viaggiare di meno e a sparire dalle tavole di New York.

La politica che è ovunque, anche dove non dovrebbe esserci. Soprattutto dove non dovrebbe esserci. Interessata solo alle poltrone, ma senza idee e competenza.

A Manduria, se non c’è un onorevole, un rappresentante di partito con cui fare un selfie, non sono contenti.

Non c’è evento, non c’è inaugurazione in cui non appaia il politico di turno a raccontare frottole, a intestarsi meriti che non ha.

Non c’è inaugurazione in cui chi parla abbia davvero fatto qualcosa per ottenere quei risultati.

Due: la capacità dei singoli.

Il Primitivo di Manduria non è in crisi per la legge Salvini. È in crisi anche perché chi lo produce ha dimenticato come raccontarlo.

L’ho già detto - in occasione dell’uso maldestro dell’intelligenza artificiale o di sponsorizzazioni inutili e controproducenti - e lo ripeto: questo è il problema più grave.

Il Primitivo di Manduria è sparito dai bar, dai ristoranti, non perché valga meno, ma perché non sa più raccontarsi.

Perché non è stato capace di comunicare quello che altri, molte volte anche meno blasonati, hanno saputo dire meglio.

Vini nati altrove, con meno storia, ma con canzoni migliori.

È chiaro che la comunicazione, da sola, non basta.

Serve anche una scelta di prodotto più consapevole, più contemporanea - o forse, al contrario, più radicalmente legata all’origine.

In ogni caso, il vino deve essere all’altezza del racconto che vuole fare. Perché una buona comunicazione non salva un prodotto mediocre, ma può far brillare quello vero.

Ma chest’è.

Forma e contenuto sono la stessa cosa, perlomeno dovrebbero combaciare.

Troppa politica. Troppi applausi davanti allo specchio. Poche idee, zero stile.

Basta pacche sulle spalle, basta pietire il politico di turno. Bisogna pretendere, soprattutto da se stessi.

Un’ultima cosa.

A chi dice: “meglio le pale che niente lavoro”, io rispondo che nessun lavoro vale la distruzione di un paesaggio.

Anche l’industria discografica è crollata, ma non mi salvo rovinando chi ho accanto.

Cambia lavoro. Eh, caspita.

La crisi non è una scusa. È un esame di coscienza».

 

Ferdinando Arnò