La sua ultima lettera pubblicata sul quotidiano Avvenire

E’ venuta a mancare nei giorni scorsi Maria Angelica G.: originaria di Uggiano Montefusco, malata di Sclerosi multipla, davanti alla Corte costituzionale, chiamata a giudicare un ricorso sul suicidio assistito, aveva rappresentato i malati che come lei chiedono il diritto di essere curati.
La sua ultima lettera a un malato che pensa alla morte medicalmente assistita, testo che di recente aveva affidato al quotidiano Avvenire.
«A te, che, come me soffri, permettimi di dire una parola... Mi chiamo Maria. Ho 57 anni, sono malata di Sclerosi multipla da 35 anni. La mia vita non è esattamente quello che pensavo che sarebbe diventata. Nonostante ciò, sono viva e posso dirti delle cose. Conosco la fatica di vivere una vita non autonoma, che ti conduce dove non vuoi, in cui la giornata in certi momenti pare una strettoia. Anche io ho sofferto – tanto –, ma questo mi spinge a rifiutare di arrendermi di fronte alla mia situazione e a reagire; mi spinge a muovermi, facendo muovere la gente attorno a me. Non sempre i familiari riescono a capire realmente la situazione che viviamo e ad affrontarla poiché è dolorosa anche per loro e, a volte, la rifiutano. Non sempre attorno a te c’è l’amore che vorresti. Ci sono, però, persone a cui bisogna chiedere. Bisogna cercarle insistentemente. Caparbiamente. Queste persone sono disposte a dare una mano. Se non avessi nessuno potresti chiedere al tuo parroco. Lui non ti negherà mai il suo aiuto, a prescindere dal tuo credo. È imprescindibile la presenza di persone amiche nella tua vita – come per me ancora oggi sono gli amici della Comunità di Sant’Egidio che mi hanno fatta uscire da una situazione chiusa e riassaporare la bellezza delle giornate passate in compagnia; e poi anche altre, che ho incontrato strada facendo. Insieme, si possono vivere momenti di convivialità spensierata, in cui la malattia diventa un lontano ricordo: non ti senti un peso e non provi vergogna; e anche occasioni di comunione e condivisione più profonde. Puoi sperimentare momenti di grande liberazione, e ti testimonio che da questi momenti possono nascere cose nuove, come piccole e grandi guarigioni.
Di questo voglio parlarti. Un giorno mi è stato proposto da una suora e da un amico laico un cammino di perdono, perché volevo guarigione. Non mi potevo permettere di avere preclusioni. Mi sono affidata. L’ho iniziato e sto continuando a farlo perché ne sperimento i benefici interiori e anche fisici. Sono state delle enormi sorprese, perché non credevo possibile che questo potesse avvenire. In questo modo mi sono lasciata indietro molto dolore. Ho imparato a soffrire meglio e ho incominciato a soffrire meno: mi si è addolcito il peso della malattia. Ho scelto di perdonare partecipando alla Messa, perché nelle nostre condizioni non possiamo permetterci più di conservare rancori. Tutto quello che proviamo “contro” ci si rivolge contro: lo scontento per come sono fatti gli altri; la tristezza per le cose che non sono andate come avremmo voluto. Ti chiedo di prendere coraggio. Accetta di farti aiutare con l’amore di Dio. L’Eucaristia guarisce il nostro sentimento, che è ciò che ci lega alla vita, la fa bella, le dà significato. Scienza medica e biotecnologie faranno sempre di più, e meglio. Una mia zia morì a vent’anni, di tubercolosi. Qualche mese dopo la penicillina, che l’avrebbe potuta guarire, era a disposizione di tutti. Mi ricordo sempre questo fatto, che mio padre mi raccontava. E questo ricordo mi ha spronata ad andare avanti tra le difficoltà e a sperare sempre nella ricerca. Con medici valenti ho fatto addirittura progressi. Altri medici egualmente coscienziosi si son fatti carico della mia sopravvivenza fisica quando hanno deciso per me il passaggio alla nutrizione artificiale per evitare che io, oggi, possa incorrere in una polmonite ab ingestis che mi porterebbe – questa sì – diretta al patibolo. Per me allora fu un grande dolore, ma è stato meglio così. Mi sono abituata e sono loro molto grata, perché tutte le persone che hanno preso, in qualsiasi modo, a cuore il nostro futuro sono parte del primo presidio vitale in difesa di questo futuro. Anche per loro tramite ci giunge quella misura di amore e di forza di cui abbiamo bisogno ogni giorno. È vero, soffriamo per gli impedimenti fisici causati dalla malattia che ci consegnano alla dipendenza dagli altri. Ma la dipendenza dagli altri può diventare uno stare insieme, che dà forma a un circolo di vita bella. L’amore serve sempre. Vedrai che le cose cambieranno; tu che hai bisogno dell’aiuto degli altri potrai tu darlo agli altri. Il male di vivere, un giorno, è entrato a casa nostra. Il rischio è di finire di parlare solo di esso. Il male di vivere è un veleno oscuro che tende a occuparti ogni centimetro di vita. Anticipando la nostra morte ce lo saremo tolto di dosso, e ci avrà ucciso. Allora, ti supplico di guardare oggi all’antidoto al male: è aprirsi alla grazia di Dio. Riconoscerà il codice del nostro cuore; saprà portarci dove potranno cominciare a guarire le nostre ferite. Queste parole per te le ho scritte in mezzo ai miei obblighi quotidiani, tra l’uno e l’altro dei piccoli momenti in cui mi prendo degli svaghi. Vengono dal più profondo del mio cuore, dove si accumula la sofferenza. Dove si è accampata la speranza».
Maria Angelica G.

Condividi