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17/02/2008 09:18:07 - Manduria - Cultura

Nella statua della chiesa dei Frati Minori di Manduria la figura di Maria sorge sul globo terracqueo circondato dalla falce lunare rovesciata e, pur essendo insidiata dal serpente, non è lei a schiacciarlo

 

    Nella chiesa di San Francesco di Manduria è possibile ammirare un’insolita rappresentazione del mistero del’Immacolato Concepimento di Maria.

    E’ il tipo iconografico riprodotto nella statua lignea, di fattura napoletana, che raffigura l’Immacolata Concezione, collocata nella nicchia che sovrasta l’altare omonimo, ricostruito in marmo nel 1700 dalla nobildonna manduriana Marianna Corcioli Giannuzzi, le cui imprese araldiche campeggiano ai due lati.

   La committente dell’altare marmoreo, secondo lo storico locale Leonardo Tarentini, “fece anche scolpire in Napoli la bella statua della Madonna”(1). 

   Il simulacro mariano in questione si differenzia nettamente dall’altra bellissima statua manduriana, riguardante il medesimo soggetto, conservata nella chiesa dell’Immacolata: in quest’ultima, infatti, la Vergine è raffigurata da sola, secondo l’iconografia tradizionale che la vuole eretta al di sopra di un nembo con la falce lunare, mentre calca con il piede destro la testa del serpente.

    Invece, nella statua della chiesa dei Frati Minori di Manduria la rappresentazione del soggetto è molto diversa: la figura di Maria sorge sul globo terracqueo circondato dalla falce lunare rovesciata e, pur essendo insidiata dal serpente, non è lei a schiacciarlo: a tanto provvede il Bambino Gesù, colto nell’atto di trafiggere il tentatore con una lancia d’argento.

    L’insolita immagine mariana, teologicamente molto significativa e profonda, ha –come diremo in seguito- precedenti artistici illustri, trovando qualche corrispondenza, addirittura, in una celebre opera pittorica di Caravaggio.

   Ma, partiamo dal suo significato teologico.

   All’origine, questo tipo di iconografia mariana prendeva le mosse, secondo molti studiosi, da uno dei temi del plurisecolare dibattito sull’Immacolata Concezione.

   Il tema riguardava l’intepretazione del noto passo biblico (di Genesi, II, 15)  «Ipsa conteret caput tuum» sul quale era sorto un forte contrasto tra cattolici e protestanti: gli uni leggevano “Ipsa” e vedevano nella parola un chiaro riferimento alla Madonna che direttamente, per i suoi propri meriti, avrebbe schiacciato la testa del serpente; gli altri invece leggevano “Ipse” e in tal modo, riferendo il termine al Figlio,  affermavano che il serpente sarebbe stato schiacciato si da Maria, ma attraverso l’opera mediatrice di Gesù.

    A complicare ulteriormente le cose, poi, era intervenuto papa Pio V che, in una bolla del 1569 riguardante la devozione della Madonna del Rosario, aveva affermato: «…Gloriosae Virginis Mariae Almae Dei genitricis, quae germine suo tortuosi serpentis caput obtrivit, et cunctas haereses sola interemit». Sembrava, quindi, che anche il Romano Pontefice avesse sposato la tesi dell’intermediazione del Figlio per affermare che la Madonna avesse sconfitto il peccato (= schiacciato il serpente) attraverso Gesù («germine suo», diceva il Papa, ovvero: grazie al suo frutto).

  Questo, in estrema sintesi, era il contenuto del dibattito teologico, tipico di quell’epoca.

   Tradotta in immagine artistica, l’interpretazione del passo biblico fu che Gesù avesse aiutato Maria a schiacciare il serpente e, di conseguenza, ecco l’origine di questa più rara iconografia dell’Immacolata che prevede la contemporanea presenza della Madonna e di Gesù Bambino (e non solo della prima), con ben tre varianti.

   In una prima, più vicina all’immagine tradizionale, il Bambino poggia il piede su quello di Maria e preme, insieme alla Madre, per calcare la testa dell’animale: in questo modello è sempre il piede della Vergine a toccare e a schiacciare il serpente (quello di Gesù è poggiato sopra il piede della Madre).   

   Nella seconda, che è una via di mezzo tra la prima e la terza, Maria, con il proprio piede, su cui è poggiato quello del Figlio, preme il capo del serpente. Questo, però, viene, nel contempo, anche trafitto dal Bambino Gesù.

  Nella terza, ancora più scrupolosa ed osservante ma più rara, è il Bambino che da solo sopprime il maligno schiaccianodogli il capo con il suo piede o, in altri casi, infilzandolo con una lancia. La Madonna, invece, assiste all’azione ma non vi prende parte.

   Orbene, la statua dell’Immacolata della chiesa francescana di Manduria aderisce proprio a quest’ultimo modello iconografico (il terzo) e intende significare, in modo anche abbastanza esplicito, che la Vergine Immacolata ha trionfato sul serpente per meriti propri  e,  soprattutto, del suo divino frutto, ossia Gesù.

   Molto singolare è anche la circostanza che siffatta immagine si trovi in una chiesa che, ab origine, è stata (ed è tuttora) officiata dai francescani da sempre sostenitori della dottrina dell’Immacolata Concezione, in opposizione ai domenicani. La statua lignea é posta in una cappella (o altare) in cui era sorta nel XVI secolo l’Arciconfraternita mandurina dell’Immacolata (poi trasferitasi -sembra anche per possibili contrasti con i frati- nella Chiesa sotto lo stesso titolo): che questa immagine della Vergine abbia voluto significare, in competizione con la confraternita laicale, un’interpretazione più rigorosa e teologicamente più ortodossa del mistero mariano proposta dall’ordine francescano?

   Tutto è possibile.

    Tornando invece ai precedenti artistici illustri che si possono annoverare per questo tipo di iconografia mariana, occorre dire che uno dei primi in assoluto sembra essere, secondo gli studiosi (2), la pala della Madonna del serpe del pittore lombardo Ambrogio Figino (conservata nell’oratorio dell’Immacolata  presso Sant’Antonio Abate a Milano), alla quale in modo più o meno diretto si sarebbe ispirato Michelangelo Merisi (Caravaggio) per la celebre opera omonima, nota anche come Madonna dei Palafrenieri (ora a Roma, nella Galleria Borghese).

   In entrambe le opere, la Madonna è rappresentata secondo la prima versione, mentre schiaccia la testa del serpente con il piede, sul quale è poggiato, ad adiuvandum, il piedino del Bambino.

   Diverso, e rientrante nel secondo modello iconografico (che ho definito indermedio), è quello seguito da Carlo Maratta nella pala dipinta nel 1671 per la chiesa degli agostiniani a Siena: la Madonna con la testa adornata da una corona di dodici stelle (simbolo delle dodici tribù di Israele) è seduta sull’orbe terracqueo e sempre con il proprio piede, su cui è poggiato quello del Figlio, preme il capo del serpente. Questo, però, viene anche trafitto dal Bambino Gesù, che è posto a fianco alla Vergine, per mezzo di una lunga lancia.

   Com’è possibile vedere, il modello iconografico del Maratta è molto vicino a quello della statua manduriana.

   In quest’ultima, però, la Vergine ha i piedi poggiati sul globo terrestre e non toccano il serpente (che viene soppresso soltanto da Gesù Bambino con una lancia argentea).

   L’immagine, quindi, sembra non recepire in pieno le direttive della Controriforma e propone una visione diversa dell'Immacolata Concezione che, sia pure in risposta polemica agli stessi, si avvicina molto agli ambienti protestanti.

   Ciò è talmente vero che essa è prossima a quella adottata dal francese Sébastien Bourdon (1616-1671, artista di credo protestante, entrato in contatto a Roma con Caravaggio) per una stampa dell’Immacolata, in cui solo Gesù è raffigurato nell’atto di schiacciare il serpente, mentre la Madonna non interviene.

   Invece, una soluzione iconografica quasi identica a quella locale è la statua in marmo realizzata dallo scultore fiammingo Artus Quellinus il Vecchio (1609-1668): in quest’ultima il Bambino è rappresentato accanto alla Madre e infilza il serpente con un’asta crociata.

   In ogni caso, l’intervento dei frati minori di Casalnuovo-Manduria nel dibattito teologico aperto dalla Riforma protestante non era nuovo ma aveva un precedente: infatti la serie dei diciotto busti-reliquiari di santi, diposti ai due lati dell’altare maggiore in adorazione del SS. Sacramento (rappresentato dal monogramma IHS), era stata realizzata in contrapposizione con il mondo protestante, che si opponeva al culto dei Santi e dell'Eucarestia.

   Allo stesso modo, anche la singolare raffigurazione scultorea dell’Immacolata verrebbe a porsi in questo solco, a confutazione delle tesi negatrici del ruolo affidato a Maria nella missione salvifica della Chiesa. Resta comunque il fatto che essa rappresenta una soluzione piuttosto ardita per le esigenze ed i gusti di una committenza che dimorava in uno sperduto centro di provincia del regno napoletano

    Occorre aggiungere che la statua manduriana costituisce uno dei pochi esempi di questo modello iconografico applicato alla scultura (un altro è, appunto, la statua dell’Immacolata del Quellinus).

   Spero che questa mia ricerca sia di buon auspicio per la riscoperta dell’opera scultorea, poco nota al pubblico ed alla critica d’arte, e per l’avvio di studi aventi ad oggetto la datazione storica e l’autore.

 

Giuseppe Pio Capogrosso

 

 

1) Tarentini sac. Leonardo, Manduria sacra, ed. B. D’Errico, Manduria, 1899, pag.  146.

2) Per una esaustiva trattazione dell’argomento dell’iconografia della Madonna del serpe di Michelangelo Merisi  v. Stefano Pierguidi, Nascita e diffusione di una rara iconografia dell'Immacolata Concezione: da Figino a Caravaggio e a Bourdon e Quellinus II, in Arte Lombarda, 157,3,2009, pp.39-48.

3) Nelle immagini: santino devozionale con la foto della statua dell’Immacolata custodita nella Chiesa di S. Francesco di Manduria; la Madonna dei Palafrenieri di Caravaggio; l'Immacolata di Carlo Maratta, l’Immacolata Concezione di Artus Quellinus il Vecchio.











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