giovedì 05 dicembre 2024


26/01/2022 08:48:40 - Manduria - Cultura

Riflessioni nel Giorno della Memoria con un libro che raccoglie l’eco del processo ad Adolf Eichmann, braccio destro di Himmler

C’è, a nostro avviso, un notevole rischio che anche il Giorno della Memoria si esaurisca in cerimonie, facendoci perdere di vista quella che dovrebbe essere la sua autentica finalità:una riflessione, ma ancor più una interrogazione, su quello che è stata la Shoah. Infatti, come è stato possibile che nel cuore ricco di cultura della civilissima Europa, sia nato il mostro della barbarie? A questa domanda non sembra che sia stata data esauriente risposta, come ci ricorda lo scrittore ungherese premio Nobel Imre Kertesz nel suo “Il secolo infelice”.

Un’occasione di approfondimento su questi temi può essere fornita dalla lettura di questo “Eichmann o la banalità del male”.

Hanna Arendt, filosofa, ebrea tedesca, allieva di Heidegger e di Jaspers, esule negli Stati Uniti, autrice di saggi fondamentali, come “Le origini del totalitarismo” e “Vita attiva”, nel 1961 viene inviata, dalla rivista “The New Yorker”, a Gerusalemme, per seguire il processo ad Adolf Eichmann, braccio destro di Himmler, che il Mossad aveva catturato in Argentina e condotto in Israele. Due anni dopo, dalla sua esperienza al processo, Arendt trae un libro, “Eichmann a Gerusalemme: la banalità del male”, che suscita violente reazioni. La sua descrizione di Eichmann come di un uomo sostanzialmente incapace di pensare con la propria testa sembra estremamente riduttiva delle sue responsabilità nel genocidio, alienando all’autrice le simpatie dei suoi correligionari e di tanti amici.

Nel 1964, Joachim Fest, autore a sua volta di saggi sul nazismo e di una biografia di Hitler, organizza una intervista radiofonica alla Arendt, in cui la filosofa avrà l'occasione di chiarire in che cosa consista, a suo avviso, questa “banalità”, che tanto scandalo ha suscitato. Banale è per lei il male commesso da un funzionario, quale Eichmann ritiene di essere, che, per cieca fedeltà all'ingranaggio burocratico in cui si trova inserito, senza alcuna motivazione personale, si adopera, con professionalità e scrupolo, alla buona riuscita del genocidio.

Molti altri argomenti sono toccati da Arendt nel corso dell'intervista, ad esempio il sostanziale disinteresse, che le sembra di notare tanto nei giovani tedeschi quanto in quelli israeliani, ad approfondire la conoscenza della Shoah, che, per ragioni di età, non hanno conosciuto.

Arendt e Fest proseguiranno poi il loro confronto in forma epistolare, sino al 1973.

Il libro di cui parliamo contiene l’intervista e l'epistolario, oltre ad una ricca appendice bibliografica.

Il libro “Eichmann o la banalità del male” di Hannah Arendt e Joachim Fest è disponibile in biblioteca.

 











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