Gli affreschi emersi in questa chiesetta richiamano le immagini sacre scoperte nella chiesa di S. Marco, in Torricella, spesso citate dalle fonti, portate alla luce da interventi di recupero e restauro

Accade, a volte, che interventi di recupero e restauro operati all’interno di edifici sacri rivelino situazioni pittoriche ed architettoniche del tutto inattese. E’ il caso della chiesetta dedicata alla Madonna di Loreto, alla base del piccolo borgo antico di Monacizzo (Torricella); chiesetta di cui ci siamo occupati in un precedente articolo (vedi Manduria Oggi, 11 dicembre 2022).
Rappresenta, tale chiesetta, un piccolo edificio ricco di fede e di storia, non certo appariscente da un punto di vista architettonico, così descritto in anni non lontani: “La volta è a botte ed è del tutto disadorna. La cornice interna, con ovuli di tipo classico, ed i paramenti la fanno attribuire all’800. Coperta da ripetuti strati di calce bianca e colorata, non presenta alcun segno artistico. Si deve considerare solo come espressione di devozione popolare, costruita in quel punto per ricordare “l’apparizione” della Madonna di Loreto che avrebbe fermato i Turchi, impedendo loro di raggiungere e saccheggiare la parte alta di Monacizzo dov’era ubicata la chiesa dei cristiani” (da M. PICHIERRI - P. FRANZOSO, Torricella, da borgata a comune, Manduria, Barbieri, 1999, p. 186).
Tracciando la storia della chiesetta, si coglie il forte legame popolare che l’ha tenuta in vita quanto meno dal XVI secolo (visita pastorale di Mons. Brancaccio di Taranto) con descrizioni nelle visite successive, sino ad epoca moderna.
Nel 2012 si registrano interventi sulla struttura esterna, mentre nel 2024 si eseguono restauri interni, con riapertura al pubblico (e relativa inaugurazione) nel mese di ottobre dello stesso anno.
Questi restauri hanno riportato in luce l’aspetto originario della chiesetta.
Non più muri lineari, bianchi ed inadorni, bensì scanditi da nicchie ed affreschi sacri; cosa del tutto inattesa, anche perché mai segnalata (a mia conoscenza) dalle fonti.
In una grande nicchia arcuata sulla parete a destra dell’ingresso si osserva un ampio affresco, purtroppo danneggiato da una nicchia quadrangolare aperta, ovviamente in epoca successiva, nella parete di fondo; in tale affresco si riesce appena ad intravedere il volto di una Madonna in posizione centrale; in basso, nell’angolo di sinistra, è riprodotta l’insenatura prospiciente un impianto urbano con torri e fortificazioni che, una scrittura dipinta a lato, attribuisce alla città di Ninive. Ninive, come è noto, è la grande ed antica capitale assira documentata da importanti resti archeologici (in parte devastati dai miliziani dell’Isis nel 2015), ubicata nel Nord dell’Iraq, sulla riva sinistra del Tigri, di fronte all’attuale Mosul. Distrutta nel 612 a.C., dopo un lungo periodo di straordinario splendore monumentale ed architettonico, è considerata nella Bibbia come città peccaminosa, malvagia, crudele e guerrafondaia, destinata, quindi, alla punizione divina. E’impossibile, nelle condizioni lacunose dell’affresco, coglier un collegamento tra la città ed il resto della raffigurazione. Sempre in questa nicchia, altre immagini si osservano nella parte interna dell’arco, tra cui un disco (solare?) giallastro, centrale, in alto, ed una figura femminile laterale in discreto stato di conservazione.
La successiva nicchia risulta funzionale all’accesso laterale della chiesetta, con porticina metallica, a vetri, di recente realizzazione. Poco oltre, in un foro praticato nella parete, si osservano resti di prodotti ceramici, protetti da spesso vetro, risalenti, probabilmente, ad epoca tardo o post medievale.
Due altre nicchie arcuate sono emerse anche sulla parete di sinistra.
Nella prima vi era originariamente un grande affresco (poi tagliato da due nicchie rettangolari aperte nella parete di fondo), in cui si riconosce una Madonna con Bambino in posizione centrale, con, a destra, la figura di un Monaco, e a sinistra quella di un Santo con volto giovanile e aureola sul capo.
Anche nella nicchia successiva si osservano resti di affreschi, anch’essi irrimediabilmente danneggiati da due nicchie rettangolari aperte nella parete di fondo (una delle quali attualmente occupata da una statua di S. Lucia).
Di questi affreschi rimangono delle figure appena leggibili, nonché scene all’interno di piccoli tondi o medaglioni delimitati da color rosso-bruno, una delle quali restituisce l’immagine di una donna che porge o riceve da un uomo un bambino adagiato in una culletta (?). Lungo la parete interna dell’arco si osserva un grande volto o mascherone, con elementi vegetali ed animali anche fantastici; elementi diffusissimi nelle cosiddette “ grottesche”: caratteristiche decorazioni pittoriche parietali, che affondano le radici nella pittura romana di epoca augustea, per essere poi riscoperte e rese popolari a partire dalla fine del Quattrocento.
Resti di affreschi si osservano sui muri che portano verso l’altare; e qui l’immagine tradizionale della Madonna di Loreto ha sostituito la statua precedente. Anche la balaustra è stata eliminata e la chiesetta, nel complesso, è stata restituita alla sua immagine originaria, invero elegante e raffinata pur nella sua semplicità strutturale.
Lascio ad esperti di pittura sacra il compito di approfondire lo studio degli affreschi per definirne la cronologia. Un dato è certo. La chiesetta ha subito tre tipi di modifiche. Prima una cappella del tutto affrescata (cosa invero sorprendente in un paesello non certo di grandi dimensioni anche se particolarmente caro agli Arcivescovi di Taranto, signori medievali di questa Terra); poi l’assurda (e direi barbara) aggressione agli affreschi con la realizzazione di quelle nicchie rettangolari che li hanno irrimediabilmente danneggiati; infine il tamponamento di nicchie ed archi con spessi strati di calce a cancellare le altre pitture parietali. Difficile, però, fissare gli ambiti cronologici di tali interventi.
Mi sembra di ripercorrere, attraverso tale edificio, la sorte subita da molte chiese antiche del nostro contado, pian piano trasformate in semplici caseggiati rurali, o in stalle e depositi, per poi scomparire del tutto, non più difese dalla loro oramai “dimenticata sacralità”. Sorte non toccata, fortunatamente, alla chiesetta di Monacizzo, certamente sottoposta, nel corso dei secoli, a trasformazioni peggiorative rispetto all’aspetto originario, comunque conservatasi nel corso dei secoli, frequentata ed officiata sino ai nostri giorni.
Gli affreschi emersi in questa chiesetta richiamano le immagini sacre scoperte nella chiesa di S. Marco, in Torricella, spesso citate dalle fonti, portate alla luce da interventi di recupero e restauro (vedi Manduria Oggi, 15 settembre 2024).
E come non porgere maggiore attenzione alla notizia di fonte tradizionale che segnala la presenza di alcuni affreschi all’interno della cripta ipogea della SS. Trinità, in agro di Torricella, oggi non più visibili per abbondanti e ripetute imbiancature delle pareti (vedi Manduria Oggi, 28 giugno 2025).
Mi fermo qui, rivolgendo un vivo apprezzamento agli ideatori ed agli esecutori del restauro. Mi auguro, in proposito, che la relazione tecnica di tale intervento possa trovare adeguata pubblicazione, per un approccio scientifico (e non solo storico-giornalistico) a tale argomento.
Paride Tarentini





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