venerdì 05 dicembre 2025


21/10/2025 08:10:55 - Salento - Attualità

Uno degli ambienti scoperti contiene una vasca quadrata di due metri di lato, rivestita di un intonaco impermeabilizzante, con una fossa al centro, ricoperta da una sorta di mosaico di tessere di terracotta quadrate (opus figlinum), forse una fossa di decantazione per la lavorazione del vino o dell’olio

Nell’entroterra, a un centinaio di metri a nord della grande fondazione sommersa recuperata nello specchio acqueo della Riserva Naturale Statale – Oasi WWF “Le Cesine” (Comune di Vernole), sono venuti alla luce vari ambienti di un edificio ancora non identificato.

Uno degli ambienti scoperti dagli archeologi del Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento, con la direzione scientifica della professoressa Rita Auriemma, contiene una vasca quadrata di due metri di lato, rivestita di un intonaco impermeabilizzante, con una fossa al centro, ricoperta da una sorta di mosaico di tessere di terracotta quadrate (opus figlinum), forse una fossa di decantazione per la lavorazione del vino o dell'olio. Secondo scienziate e scienziati, infatti, è meno probabile che si tratti di una vasca per la salagione del pesce, anche se immediatamente più a sud sono state rilevate numerose escavazioni e canalette pertinenti a un impianto per la produzione del sale (che hanno dato anche il nome all'area: "Conche del sale"). Le strutture murarie si estendono in tutte le direzioni. Solo il prosieguo della ricerca potrà accertare la natura e la funzione di questo insediamento costiero, anche se sembra plausibile l’identificazione con un impianto manifatturiero o con la parte produttiva di una più ampia proprietà terriera o di un villaggio a vocazione marittima.

Si guarda già al futuro, dunque, nonostante si sia conclusa l'8 ottobre la campagna di scavo 2025 in località San Giovanni, proprio a "Le Cesine" (Comune di Vernole), condotta da UniSalento su concessione del Ministero della Cultura e per il tramite della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Brindisi, Lecce e Taranto.

I risultati completi della campagna di scavo sono stati presentati nel corso di una conferenza stampa sabato, 18 ottobre, nella sede dell'Archivio Carmelo Bene, presso la Biblioteca Bernardini a Lecce.

Le ricerche sono state preventivamente concordate con l'ente gestore Riserva Naturale Le Cesine, la Guardia Costiera (Ufficio Circondariale Marittimo di Otranto e Ufficio Locale Marittimo di San Cataldo), e il Comune di Vernole. Si è rinnovata, inoltre, la proficua collaborazione con il I Nucleo Operativo Subacqueo della Guardia Costiera di San Benedetto del Tronto, che ha già affiancato i ricercatori UniSalento sia sul sito nelle precedenti campagne, sia in altri interventi di ricerca. Un sostegno importante è stato assicurato, come sempre, dal Polo biblio-museale di Lecce e da generose realtà del territorio (in primis la ditta Angelo Colucci, Masseria Fossa e l’Associazione Lecce sul mare).

Nonostante le condizioni marine spesso avverse, anche le operazioni subacquee hanno dato risultati brillanti: sembra ormai accertata la geometria di questo grande complesso portuale, per il quale si è supposto un impianto in età augustea, tra la fine del I sec. a.C. e il I sec. d.C.

L'elemento principale è costituito da un'imponente fondazione di un molo con piattaforma, con uno sviluppo a "L": un braccio perpendicolare alla costa che spicca dalla riva antica, oggi sommersa, per oltre 80 m, e una grande testata rettangolare di 24 x 33 m; si tratta di un’ingegnosa soluzione per guadagnare, nei tratti di costa bassi e sabbiosi come questo delle Cesine, la profondità necessaria all’accosto delle imbarcazioni. La tecnica edilizia vede l’impiego di filari di grandi blocchi sovrapposti e di un riempimento interno in pietrame.

Un'altra interessante suggestione viene dalle paludi retrostanti e dai profondi cambiamenti del paesaggio delle Cesine: questo molo a "L" mostra affinità con i moli di protezione dei canali di accesso ai bacini interni del grande porto settentrionale di Corinto, il Lechaion. L'indicazione di un bacino interno, poi impaludatosi, potrebbe essere suggerita dalle mappe aragonesi e in genere dalla cartografia storica, ma anche dalle nostre ricostruzioni delle variazioni del livello del mare e del profilo costiero.

Un'altra struttura, tradizionalmente nota come "Chiesa sommersa", affiorante, ha rivelato, grazie all'analisi con il metodo del radiocarbonio, anch'essa una datazione alla prima età imperiale che, insieme alla sua posizione, suggerisce un’ipotetica identificazione con una torre faro.

Il complesso archeologico di San Giovanni – il molo, la presunta torre-faro, l’edificio costiero, la salina e altre strutture a sud – si rivela di grande rilevanza ed è infatti censito nella guida e nel portale "Andar per mare. Itinerari subacquei e costieri di Puglia", esito dell'omonimo progetto promosso dalla Regione in collaborazione con le Università di Foggia, Bari e del Salento e la Soprintendenza nazionale per il patrimonio culturale subacqueo, per un’offerta integrata di turismo costiero e subacqueo culturale, esperienziale e sostenibile. «La ricerca archeologica nell'area delle Cesine – dice la professoressa Auriemma - vuole essere occasione di rigenerazione e valorizzazione di paesaggi apparentemente minori e marginali, in realtà ricchi di suggestione e densi di storia. La cura dei paesaggi, veri palinsesti viventi e dinamici, la loro tutela proattiva, l'archeologia dell'ambiente e per l'ambiente devono diventare responsabilità condivisa tra gli attori istituzionali e la comunità, perché il patrimonio divenga davvero bene accessibile e comune, il "bene nostro"».