- lunedì 15 dicembre 2025
Ipotesi sulle origini di un dipinto di autore ignoto conservato nella chiesa del Carmine di Manduria

«E finalmente vi sta la Cappella del detto Palazzo, con porta d’ingresso preceduta da quattro scalini, coll’immagine del Crocefisso, e picciolo vacuo adiacente per uso di Sagrestia» .1
Così viene descritta la cappella di Palazzo Imperiale nella perizia di “Apprezzo del Feudo” redatta dall’ing. Francesco Viti il 22 febbraio 1804. La cappella, da molto tempo adibita ad altri usi, spoglia dei suoi arredi e oggetto di varie modifiche, è ancora visibile nel prospetto nord del palazzo, al piano terra, all’attuale civico9 di via Mercanti accanto all’antico Sedile (o Seggio) dell’Università di Manduria che, a sua volta, corrispondeva alla porzione ad angolo “ tra levante e Settentrione” che, all’epoca, era costituito da una grande loggia ad arcate aperte, con balaustre di colonnine tornite di pietra, oggi murate. Sul muro esterno della ex cappella sulla cornice della porta di ingresso è ancora leggibile, nonostante sia stata rimossa nel tempo la parte a rilievo sulla muratura, il crocifisso che la sormontava e di cui parla la perizia del Viti.2
Di essa sappiamo pure, attingendo ai dati del Catasto Onciario di Casalnuovo (Manduria) del 1756, che era intitolata a S.Francesco Saverio, 3-4 il santo gesuita patrono delle missioni. La festa liturgica di questo santo ricorre il 3 dicembre e il suo culto, attestato in cittàdalla presenza di una grande tela nella Chiesa dell’Immacolata, probabilmente potrebbe essere stato introdotto dal padre gesuitaGabrieleMastrilli, la cui predicazione intorno all’anno 1621 a Manduria, dove avrebbe fondato varie confraternite laicali, è riportata dalla storiografia locale.5
Un omonimo di questo religioso (forse un suo parente?), tale Marcello Mastrilli, sempre gesuita, vissuto in quegli anni, era stato un grande devoto del santo, dal quale sarebbe stato miracolosamente guarito, e si era prodigato per diffonderne ovunque la devozione. In memoria di questa prodigiosa guarigione fu introdotta la particolare pratica devozionale della "novena della grazia", dedicata a San Francesco Saverio.6
Nella sacrestia dell’attuale chiesa del Carmine di Manduria (originariamente chiesa del Collegio delle Scuole Pie) è conservata una bella tela, le cui dimensioni fanno pensare ad una pala d’altare, in cui è raffigurato un santo, prostrato in adorazione, nell'atto di ricevere il Bambino Gesù dalle mani della Madonna, circondata da angeli. Alcuni autori hanno proposto l’identificazione del personaggio con Sant’Ignazio di Loyola, gesuita e fondatore dell’ordine.7
Si ignora completamente la provenienza del dipinto, la cui sagoma non sembra compatibile con la forma delle cornici dell’unico altare che, nella stessa chiesa, è privo di tela (ossia, quello attualmente dedicato a San Biagio vescovo, un tempo alla Madonna di Caravaggio, il cui quadro è pure in sacrestia): il che fa supporre una sua provenienza esterna.
Sul lato sinistro della tela, in basso, è dipinto un grande stemma araldico, sormontato da una corona principesca, non colorato e quindi privo di “smalti”, che, come mi accingo a dire, può essere molto utile per datare l’opera, individuarne la possibile provenienza e per identificare il soggetto raffigurato.
Lo stemma, del tipo partito, reca le insegne araldiche delle famiglie Imperiali (il ramodel casato genovese, trapiantato in Puglia sin dal Cinquecento, feudatario di Casalnuovo-Manduria) e Grimaldi. Infatti, sul lato destro è facilmente identificabile l’arma degli Imperiali (che éd'argento al palo d'oro cucito, caricato di un'aquila di nero coronata d'oro, linguata di rosso) ciò sebbene, come ho anticipato, non siano stati riprodotti gli smalti. A sinistra invece figura lo scudo dei Grimaldi (la famiglia pure di origini genovesi, uno dei cui rami regna sul Principato di Monaco) che è fusato di argento e di rosso. 8
Lo stemma, che, quindi, indica la committenza, rappresenta l’unione matrimoniale delle due famiglie, unione che per gli Imperiali, feudatari di Manduria, vi è stata per ben due volte e, più precisamente, la prima, con le nozze tra Michele II, primo principe di Francavilla, e Brigida Grimaldi nel 1644, e, successivamente, nel 1677, con quelle tra il di lui figlio Andrea I, secondo principe di Francavilla(morto prematuramente nel 1678) e Pellina Grimaldi, sorella del principe di Monaco.9-12
E’ molto probabile allora che la tela provenga da una proprietà degli Imperiale, presumibilmente dalla cappella di palazzo, mentre, a questo punto, l’immagine riprodotta dovrebbe essere l’apparizione della Vergine, con Gesù Bambino, a San Francesco Saverio i cui tratti somatici (capelli e barba corta scuri), le cui vesti (la cotta bianca riccamente ornata di trine, la stola) e altri attributi (il giglio) corrispondono a modelli iconografici ricorrenti in soggetti analoghi.
Potrebbe quindi trattarsi della pala d’altare della cappella, alla quale però, in considerazione dello stemma araldico riprodotto, si dovrebbe attribuire una datazione più antica dell’edificio sacro. Infatti il dipinto può essere ascritto ad un periodo compreso tra il 1644 anno delle nozze tra Michele Imperiali e Brigida Grimaldi (terminus post quem) e, al più tardi, il 1678, anno della morte di Andrea Imperiali (terminusante quem), mentre la costruzione della cappella di San Francesco Saverio dovrebbe invece coincidere con quella del palazzo, avviata nel 1717 quando Michele III Imperiali, figlio di Andrea (e nipote di Michele II), commissionò la nuova residenza di famiglia.
Per tali motivi si potrebbe pensare che la tela, proveniente da un analogo ambiente, forse dalla precedente residenza manduriana degli Imperiali (il c.d. “Palazzo vecchio”), sia stata poi riutilizzata collocandola nella cappella del nuovo palazzo. 13
Ciò sempre che non si voglia pensare ad un uso, proseguito nel tempo, dello stemma da parte della vedova di Andrea, Pellina Grimaldi (e quindi ad una sua committenza), anche dopo la scomparsa del marito e fino all’anno della sua morte, avvenuta nel 1724, all’età di settantuno anni. In tal caso la datazione del dipinto verrebbe a collocarsi nello stesso periodo della costruzione della nuova dimora gentilizia.
Giuseppe Pio Capogrosso
Nelle immagini: la tela di autore ignoto conservata nella Chiesa del Carmine di Manduria e il particolare dello stemma araldico riprodotto in essa; gli stemmi araldici delle famiglie Imperiali e Grimaldi; l’esterno della Cappella di San Francesco Saverio in via Mercanti n.9, con il particolare della croce abrasa sulla porta d’ingresso.
