- sabato 13 dicembre 2025
La scelta di restauro di un bene culturale ‘minore’, come quello di cui scriviamo, può essere letta non solo come volontà di recuperare l’antica bellezza dell’oggetto, offesa dal tempo, ma anche come un atto di rispetto che riporta sacralità e solennità alla seduta, in evidente primo piano visivo (e anche emozionale), per il fedele durante la celebrazione liturgica

In ogni chiesa sono custodite storie di fede autentica e di devozione popolare, sculture, altari e arredi sacri che il tempo lungo della Storia ha reso preziose testimonianze artistiche oltre che espressione concreta di identità comunitaria, a tutti gli effetti beni culturali (alcuni detti ‘minori’) da tutelare e trasmettere alle future generazioni.
Nei giorni scorsi, in «una delle più belle chiese della città» — scrive il Tarentini nella sua “Manduria Sacra”— , cioè nella chiesa della Madonna della Nova (attualmente conosciuta come chiesa di Santa Lucia), in occasione del 140° anniversario della sua Dedicazione (avvenuta il 26 ottobre 1885 ad opera del Vescovo dell’epoca Tommaso Montefusco), l’antica Confraternita della Morte ed Orazione, che vi ha sede fin dal 1554, ha partecipato, all’intera comunità cittadina, l’esito di un intervento di restauro fatto eseguire su una seduta liturgica del XIX secolo, composta nello specifico da una poltrona e da due sgabelli.
La scelta di restauro di un bene culturale ‘minore’, come quello di cui scriviamo, può essere letta non solo come volontà di recuperare l’antica bellezza dell’oggetto, offesa dal tempo, ma anche come un atto di rispetto che riporta sacralità e solennità alla seduta, in evidente primo piano visivo (e anche emozionale), per il fedele durante la celebrazione liturgica.
L’intervento di restauro della seduta liturgica è stato eseguito, su commissione della Confraternita, presso il Laboratorio dell’Abbazia delle Monache Oblate Benedettine di Santa Scolastica di Ostuni, dalla dott.ssa Laura Maria Campa, restauratrice, manduriana, insieme alle mani esperte di Madre Maria Ecclesia (esperta di tecniche della doratura e iconografia) e di Teresa Zaccaria (esperta di intaglio del legno e di tappezzeria).
Naturalmente, il lavoro è proceduto per fasi.
Un primo rilievo, nella primavera del 2024, ha documentato lo stato della seduta. Le criticità maggiori sono state rilevate sulla poltrona, dove sono stati riscontrati esiti di un improbabile tentativo di restauro avvenuto in passato. In particolare, sulle parti in legno è stata rinvenuta della vernice spray, che, come si può facilmente immaginare, ha completamente rovinato la doratura sottostante. Si è constatato, inoltre, che la tappezzeria originale era stata sostituita con altra stoffa, fissata al legno con dei punti metallici, procedura questa che ha ulteriormente danneggiato la gessatura della poltrona. Il cordolo era rimasto quello originale, sebbene sbiadito e non attaccato al legno. È emerso inoltre che la poltrona era instabile, rovinata nella parte della cimasa (di cui mancava il puntale), nei piedi (la cui gessatura era saltata), negli ornamenti (privi di alcuni frutti e foglie di acanto). La seduta, infine, presentava innumerevoli segni di tarlatura (rosume e fori di sfarfallamento). Anticamente, la tecnica della gessatura prevedeva l’applicazione sul legno di diversi strati di gesso, come il Bianco di Meudon, o il Gesso di Bologna e la colla di coniglio, di cui erano particolarmente ghiotti i tarli.
Una seconda fase, cominciata nell’estate dello stesso anno, è consistita nel portare la sedia ‘a vuoto’ , rimuovendo tutte le imbottiture (la tappezzeria visibile, un’altra stoffa a fiori, un leggero strato di lanugine e, infine, la tappezzeria originale, irrecuperabile perché profondamente compromessa), nell’avvio della procedura antitarlo e nella realizzazione delle nuove strutture per la tappezzeria e per le imbottiture. Particolarmente lunga e complessa l’operazione per la rimozione del tarlo: a cominciare dal trattamento antitarlo (a pennello e con iniezioni) alla sistemazione della seduta per diversi mesi sotto vuoto in ambiente controllato, fino alla meticolosa attività di riempimento dei fori con un impasto composto da gesso, consolidante, antitarlo e olio essenziale di lavanda. Un ulteriore problema si è presentato per eliminare la vernice spray: oltre ad aver rovinato quasi completamente l’argento sottostante (che è stato possibile recuperare solo in minima parte), è risultato particolarmente difficile da rimuovere negli elaborati interstizi lignei di cui la poltrona abbonda. Un altro momento del restauro è consistito in un trattamento di tipo strutturale: ridare stabilità alla poltrona (con la messa a punto di rinforzi angolari interni) e applicare il gesso nelle lacune più forti: si è usata una sinopia (una terra di colore rossastro che viene dalla Grecia), su cui è stata posata una foglia nuova d’argento puro, che è stata successivamente lucidata con pennello e cotone (senza l’utilizzo della pietra d’agata). La progressiva stesura della foglia d’argento è stata accompagnata dalla simultanea applicazione della ‘vernice mecca’. Tale vernice, conosciuta fin dall’antichità (nel Quattro e nel Cinquecento), era alla base della tecnica della “doratura meccata”, che permetteva agli artisti di realizzare una finta doratura su superfici trattate con foglia d’argento, con effetti visivi molto simili alla doratura (il cui costo era indubbiamente più alto). Una particolarità della vernice mecca è data dall’utilizzo, al suo interno, dello zafferano per ottenere il tipico colore giallastro simile al dorato. Nel restauro di cui scriviamo, la vernice mecca è stata appositamente realizzata dalla ditta Zecchi di Firenze.
Un ultimo aspetto, che ci riporta nella dimensione pietistico-religiosa della nostra Manduria nell’Ottocento, è la dedicazione della poltrona, riportata sul retro ligneo dello schienale (per quest’area, risparmiata dall’uso della vernice spray, si è proceduto solo al ritocco del legno). La scritta, perfettamente leggibile, è la seguente: “A devozione delle sorelle Caterina ed Epifania Sammarco”.
Le informazioni del presente articolo sono state tratte dalla relazione tenuta dalla dott.ssa Campa in chiesa, in occasione della presentazione dei lavori di restauro. A lei vanno i ringraziamenti per la concessione delle foto che corredano questo scritto e per la cortese disponibilità a collaborare. Si ringrazia altresì il Priore dell’Arciconfraternita della Morte e Orazione, nella persona del sig. Salvatore Distratis.



