domenica 19 maggio 2024

09/04/2009 06:13:51 - Manduria - Speciale

Era in casa con la sua ragazza in una frazione de L’Aquila

 
A L’Aquila studia. E per una società del capoluogo abruzzese, la Polisportiva Aquilana, corre con i pattini a rotelle nei pattinodromi di tutto il mondo.
Gregory Duggento, pluricampione mondiale di pattinaggio a rotelle (detiene tre record mondiali nel settore della velocità) e consigliere comunale a Manduria per il Pd, ha un rapporto speciale con questa città. Sino a domenica notte viveva, insieme alla sua ragazza Marianna (originaria di San Giorgio Jonico), in una abitazione, presa in fitto, a Pagliare di Sassa, una piccola frazione a cinque chilometri da L’Aquila.
«Ero appena tornato dalla Corea, dove ero stato per motivi di lavoro (Duggento rappresenta un’azienda italiana che opera nel settore del pattinaggio, ndr). E già al ritorno avevo vissuto un brivido di non poco conto: il mio aereo è stato costretto ad un atterraggio di fortuna» racconta Gregory Duggento.
Poi, domenica notte, la drammatica esperienza del terremoto.
«Vivo in una casa a due piani» continua Duggento. «In Abruzzo le scosse di terremoto sono all’ordine del giorno: negli ultimi mesi ne abbiamo avvertite decine. Ma le autorità, rassicurando puntualmente le popolazione, hanno sempre sottovalutato il rischio di una tragedia. Domenica notte, io e Marianna abbiamo avvertito una prima scossa intorno alle 23. Ci siamo preoccupati. Abbiamo allora deciso di spostare i letti vicino alla porta d’uscita. Ci siamo addormentati, ma intorno a mezzanotte un’altra scossa ci ha buttato letteralmente giù dal letto. Abbiamo constatato che non c’erano danni e, quindi, abbiamo ripreso a dormire. Intorno alle 3,15 del mattino sono stato svegliato dai cani della zona, che hanno preso ad abbaiare con insistenza. Mi sono alzato per controllare cosa stesse accadendo e dopo pochi minuti è arrivata la scossa più forte. Ho urlato alla mia ragazza di alzarsi e di scappare con me. Le ho fatto strada, uscendo in pochi secondi all’aperto, seppur scalzi. Ho continuato ad urlare per cercare di svegliare le altre famiglie della zona. Ma dopo pochi secondi è andata via la luce. Ricordo bene il boato che ha provocato il terremoto e le case che hanno iniziato a cedere: Pagliare di Sassa è stata quasi rasa al suolo. E quelle poche abitazioni che sono rimaste in piedi, sono inagibili».
Mentre la gente sopravvissuta si è radunata all’aperto, è arrivata una ulteriore altra scossa.
«Sono stati momenti drammatici. Ho deciso di rischiare: sono rientrato nella mia casa. Ho visto calcinacci sul letto e mobili spostati. Credo che ci fossero lesioni dappertutto. Sono riuscito a prendere le chiavi della mia auto, il computer e qualche altro effetto personale, prima di scappare via».
Le auto di Gregory (quella personale e quella di rappresentanza dell’azienda per cui lavora) e quella di Marianna erano parcheggiate in una pinetina poco distante. Con l’auto personale Gregory e Marianna sono andati alla ricerca degli amici più intimi: fra questi, un altro ragazzo di San Giorgio Jonico, Tiziano.
«Ci siamo diretti verso il centro della città. Abbiamo visto uno spettacolo impressionante: case distrutte e gente che cercava riparo. Dopo pochi minuti ho sentito le sirene di ambulanze e vigili del fuoco. I soccorsi sono stati rapidissimi. Ciò che non perdono, però, è la sottovalutazione del rischio che correva la città. Possibile che nessuno abbia mai messo in conto un terremoto che avrebbe potuto distruggere tutto? E come è stato possibile che un ospedale regionale, inaugurato 10 anni prima (gli ultimi ritocchi sono stati apportati lo scorso anno), sia in parte crollato e sia inagibile al 90%».
Gregory e Marianna hanno raggiunto Tiziano e, poi, hanno atteso sino al primo pomeriggio per mettersi in viaggio verso la Puglia.
«C’è tanta gente che conosco (il presidente della mia società Mario Miconi e altri atleti compagni di squadra) che hanno perso tutto. Altri sono tra i dispersi. Avevo tanti amici e colleghi nella casa dello studente: sulla loro sorte ancora non ho notizie precise» conclude Duggento tra le lacrime. «Una grande tragedia, che secondo me poteva essere evitata».








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