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15/11/2012 09:05:27 - Salento - Politica

Anm: «Da pm violazione regole del processo»

 
Dopo l’assoluzione del governatore della Puglia, Nichi Vendola, in tribunale è l’ora dei veleni. Il clima che si respira nei corridoi di via Nazariantz è quello della resa dei conti tra i pubblici ministeri Desirè Digeronimo e Francesco Bretone, che avevano chiesto la condanna a 20 mesi di Vendola, e il gup Susanna De Felice che il 31 ottobre scorso ha mandato assolto il governatore dall’accusa di concorso in abuso d’ufficio con la formula più ampia prevista dal Codice, “perchè il fatto non sussiste”.
La vendetta si è consumata subito dopo l’assoluzione che ha smontato tutto l’impianto accusatorio. In una missiva riservata inviata al procuratore generale di Bari, Antonio Pizzi, al procuratore della Repubblica, Antonio Laudati, e all’aggiunto Giorgio Lino Bruno, i due pubblici ministeri sollevano dubbi sull’imparzialità del giudice De Felice rimarcando che il magistrato è amica della sorella del governatore, Patrizia. E in virtù di questa amicizia avrebbe dovuto astenersi dal trattare il procedimento.
Sulla lettera-esposto sono piovute critiche durissime da parte dell’Anm di Bari che definisce il carattere dell’iniziativa «assolutamente irrituale» perchè «si pone in violazione di ogni regola processuale oltre che dei canoni di lealtà che devono presidiare la condotta delle parti all’interno del processo». Il presidente dell’Anm, Salvatore Casciaro, esprime quindi «sconcerto per questo grave episodio, del tutto al di fuori di una cornice istituzionale» e manifesta «viva solidarietà alla collega De Felice, da tutti apprezzata per serietà e scrupolo professionale». Dello stesso tenore il giudizio del presidente del tribunale di Bari, Vito Savino, che definisce la missiva dei pm «un’iniziativa irrituale ed improvvida».
Secondo Savino, «nel caso in cui ci fossero stati gli estremi o dubbi sulla terzietà del giudice, i pm avrebbero dovuto e potuto farlo prima, e non dopo l’assoluzione». «Il diritto è buon senso e logica, che in questo caso sono mancate», rimarca. E conclude con una domanda provocatoria: «Nel caso in cui il presidente Vendola fosse stato condannato, quella lettera sarebbe stata scritta?». Forse no, fa intuire la Camera penale di Bari che afferma che l’esposto dei pm rischia di «apparire come una reazione nei confronti di chi, giudicando, non ha inteso aderire alle tesi dell’accusa».
Savino dice di aver saputo ieri della missiva con la quale il presidente facente funzione della sezione gip, Antonio Diella, aveva confermato a De Felice l’assegnazione del procedimento a carico di Vendola, accusato assieme a Lea Cosentino (anche lei assolta) di aver favorito la nomina di un primario. La riconferma dell’assegnazione è giunta dopo che, nel settembre scorso, lo stesso giudice De Felice aveva scritto a Diella dicendogli di conoscere Patrizia Vendola (ma di non essere nè sua amica nè sua abituale frequentatrice) per averla incontrata ad alcune cene a casa di amici, una delle quali organizzata tempo fa proprio a casa del pm Digeronimo.








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