Il gruppo di statue aveva fatto parte dell’altare dell’antica cappella del SS. Sacramento. Ora ne restano solo tre
Non è davvero facile, nei pochi giorni che ci separano dal Natale, trovare un argomento adatto ed usarlo come pretesto per il tradizionale scambio degli auguri.
Quest’anno, a tale scopo, vorrei dedicare una breve riflessione al presepe o, dico meglio, a ciò che resta dello storico presepe in pietra della nostra Chiesa Matrice.
Si tratta delle tre note statuette litiche riproducenti i personaggi della Sacra Famiglia di Nazareth (Gesù Bambino, S. Giuseppe e la Madonna) che, dopo il restauro di alcuni anni addietro, hanno trovato stabile sistemazione ai piedi dell’altare con dedicazione omonima, posto nella seconda navata laterale di sinistra (destra per chi entra), accanto alla cappella del battistero.
In precedenza erano collocate nella cripta (o Confessione), all’interno di una nicchia ricavata nel luogo in cui vi era stato il terzo altare della chiesolina sotterranea, che -come ci informa il solito Tarentini- si ignora a chi fosse dedicato, “solamente si conosce che fu eretto dalla famiglia del Preite e che fu demolito…”.
Ma, in origine, il gruppo di statue aveva fatto parte dell’altare dell’antica cappella del SS. Sacramento. Quest’altare era ubicato dove ora si trova l’arcone d’ingresso al Cappellone omonimo e fu demolito al momento dell’edificazione di quest’ultimo. A partire da quel momento (anno 1709 circa) sarebbe iniziato l’esodo delle statue superstiti del presepe: dapprima furono spostate nella cripta, adibita ad oratorio della scomparsa Confraternita della Madonna di Loreto (luogo in cui, tra l’altro, si svolgeva la tradizionale novena mattutina di Natale, che ancor’oggi si celebra all’alba) e, da alcuni anni, nella collocazione attuale.
Lo storico Leonardo Tarentini, parlando degli altari della Chiesa Matrice, scriveva: “Veniva appresso la cappella del Sacramento eretta elemosiniis piorum; e l’altare su cui conservavasi la SS.Eucaristia era sormontato da un affresco rappresentante l’Ultima Cena; e vi si osservavano le tre statuette della Sacra Famiglia che ora si trovano nella chiesolina sotto il coro. Venendo a parlare del cappellone del Sacramento e della sua congregazione che sorse con la parrocchia, noteremo come questa cappella fu, nel 1709, demolita”.
Dal punto di vista artistico ed iconografico il presepe, i cui personaggi sono ora ridotti all’essenziale, si caratterizza per la particolare relazione esistente tra le figure. Più precisamente, si nota un certo contrasto fra la Vergine, da un lato, che l’ignoto artefice ha inteso riprodurre in una posizione ancora tradizionale, piuttosto rigida e statica (genuflessa ed a mani giunte in atteggiamento di adorazione), e, dall’altro, S. Giuseppe, a cui, invece, ha conferito una espressione languida e meditativa, quasi a voler cogliere il santo nell’atto di riflettere sul grande mistero della sua paternità putativa.
Insolita, se non addirittura unica, è la posa di quest’ultimo: il personaggio che, negli altri presepi dell’epoca, è raffigurato in atteggiamento adorante, qui, invece, è seduto con il mento poggiato sulla mano destra. Altrettanto originale é il copricapo a turbante che conferisce al costume di S.Giuseppe una vaga nota di esotismo.
Il Bambino, tondo e paffuto, è adagiato in una culla di vimini intrecciati.
Per quanto riguarda la datazione storica, secondo Tarentini il gruppo scultoreo sarebbe di manifattura molto antica: “…queste sculture ricordano la fondazione della parrocchia e prima che fosse eretta la presente cappella [n.d.a.: quella sita nella cripta] si trovavano in quella antica del SS. Sacramento, come si dirà…”.
Tuttavia, riterrei che il confronto stilistico con altre opere, più o meno contemporanee, sparse in varie località di Puglia e Basilicata e, ancora, la circostanza che intorno alla terza decade del secolo XVI la nostra Collegiata sia stata interessata da consistenti lavori di ampliamento e ricostruzione, dovrebbero condurre ad una datazione più o meno coeva.
A quell’epoca erano ancora attivi Stefano da Putignano (1470 circa – 1539 circa), lo scultore pugliese che ha dedicato buona parte della sua attività proprio alla realizzazione di opere presepiali, ed altri esponenti della sua scuola. In quegli anni, proprio questo artista scolpiva in pietra, nella vicina Grottaglie, il ricco presepe monumentale che è pervenuto, integro, fino ai giorni nostri.
Ma sempre nello stesso periodo altri artisti operarono nei dintorni, lasciandoci stupendi presepi lapidei, tra questi Nuzzo Barba, scultore vissuto sempre a cavallo tra il ‘400 ed il ‘500, il lucano Aurelio Persio (fratello del più noto Altobello Persio che é l’autore dei presepi conservati nelle cattedrali di Altamura e di Matera), ed altri ancora.
I personaggi della Natività di Manduria presentano, tuttavia, delle loro peculiarità stilistiche e sono ancora, parafrasando Pirandello, “in cerca di autore”.
E’ molto probabile che il gruppo scultoreo facesse parte di un contesto molto più ricco, comprendente anche altri personaggi (angeli, pastori, magi, ecc.) e, come per i presepi delle cattedrali di Altamura e di Matera, che fosse inserito in un “paesaggio” occupato in larga parte da una grotta centrale con, ai lati e sullo sfondo, case, mura e castelli. Successivamente, una vota che fu demolito l’altare originario, almeno la Natività, per rispettare il grado di importanza ad essa assegnato nella sacra rappresentazione, fu gelosamente conservata e trasferita nella nicchia della cripta.
Vi è poi il sospetto che resti dell’apparato scenico, in cui i personaggi erano collocati, possano essere stati reimpiengati per l’allestimento e per l’ambientazione del Calvario di Manduria, riconvertendoli in case o palazzi gerosolimitani. Quest’ultima opera, come noto, è stata realizzata molto più tardi (nella prima metà del secolo XIX) da Giuseppe Renato Greco, ma è stata messa insieme, magistralmente, con materiale, eterogeneo e raccogliticcio, di varie epoche e, forse non a caso, viene definita il “presepe della Passione di Cristo”.
Comunque, quali che siano le ipotesi formulabili sulla loro origine, resta il fatto che le antiche statuette della Sacra Famiglia, anche se staccate dal loro primitivo contesto, hanno conservato integra, in tutto il suo splendore, l’originalità creativa e stilistica e meritano di essere maggiormente conosciute e studiate.
Spero che questa mia breve e frettolosa ricerca, motivata dal sopraggiungere del Natale ormai alle porte, possa essere di stimolo per una valorizzazione del presepe mandurino, finora poco noto agli studiosi della materia.
Auguri di Buon Natale.
Giuseppe Pio Capogrosso
- Tarentini sac. Leonardo, Manduria sacra, ed. B.D’Errico, Manduria, 1899, pagg. 99 e 107.
- Nelle immagini: fotografia raffigurante la Natività della Chiesa Matrice collocata, prima del restauro, nella nicchia della cripta tratta dalla guida Chiesa Madre – SS.Trinità ed. 1999 M.A.S.C.I. Manduria; fotografie attuali del gruppo di statue.