venerdì 19 aprile 2024

04/03/2019 09:09:10 - Salento - Attualità

«Anche il Sud la vuole»

        

        «Lo Stato Italiano è suddiviso, a livello amministrativo, in 20 Regioni, 5 delle quali godono di una maggiore autonomia gestionale e finanziaria, e sono definite Regioni a statuto speciale. Si tratta delle Regioni Sicilia, Sardegna, Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta e Friuli Venezia Giulia. Per le prime quattro Regioni citate, la maggiore autonomia è stata prevista fin dal 1948, mentre lo statuto speciale della Regione Friuli Venezia Giulia è stato definito con la legge costituzionale n.1 del 1963. Le Regioni a statuto speciale, oltre a godere di una diversa autonomia legislativa rispetto alle ordinarie, hanno un importante privilegio fiscale per cui possono trattenere quasi tutte le imposte (Irpef e Iva) pagate dai cittadini sul loro territorio. Privilegio però non eguale per tutte: la Sicilia trattiene il totale delle imposte, la Valle d’Aosta e il Trentino i nove decimi, la Sardegna i sette decimi, il Friuli i sei decimi. Quanto faccia in cifre è impressionante. Per la sola Sicilia, l’Irpef vale più di 5 miliardi, mentre per la Sardegna è pari a 2,8 miliardi. Ma il totale delle loro entrate è molto alto: 42 miliardi di euro, contro i 125 miliardi delle 15 Regioni ordinarie messe insieme.

         Ma la voglia di autonomia attualmente sembra pervadere un pò tutti. La Lombardia e il Veneto, entrambe governate dalla Lega, nel 2017 hanno chiamato alle urne i propri cittadini. Ha stravinto il "Sì" ma nell'immediato, considerato che il Referendum non solo non è richiesto dalla Costituzione ne costituisce un obbligo per lo Stato di acconsentire alle loro richieste,  non cambierà nulla. Le due Regioni non avranno subito più autonomia e comunque, indipendentemente dai loro intendimenti, non si aggiungeranno mai alle cinque a statuto speciale già esistenti. "Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia ..possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali ...La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti (315 voti più uno dei deputati e 158 più metà senatori a vita più uno dei senatori) sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata". Quindi, per ottenere maggiore autonomia, non è necessario attivare alcun Referendum consultivo che rappresenta una semplice manovra politica, ma è necessario attivare una forma di "contrattazione" con lo Stato Italiano per definire i limite dell'autonomia. Chiarisco: con l'autonomia prevista dagli articoli 116 e 117 della Costituzione le Regioni non diventano a statuto speciale. E almeno questo è importante.

         Le predette due Regioni ed il Veneto, hanno avviato negoziati con il Governo Gentiloni per arrivare ad un’intesa sull'attribuzione di autonomia differenziata. E lo scorso 28 febbraio 2018, proprio sul finire della legislatura, il Governo ha sottoscritto con tali Regioni tre distinti accordi preliminari con i quali sono stati individuati i principi generali, la metodologia e un primo elenco di materie da meglio definire in vista dell'intesa finale. Sembrerebbe, quindi, che sono in una fase molto avanzata. Dalle dichiarazioni dei politici, interessati, Lega, si intuisce che molto probabilmente le Regioni più ricche vorranno trattenere sul proprio territorio maggiori risorse finanziarie derivanti dalle imposte locali. Ma questo non è previsto nelle 23 materie di contrattazione previste dagli articoli 116 e 117 della Costituzione. Infatti il Veneto chiede di trattenere almeno 8 miliardi in più e la Lombardia ne chiede almeno 24. A tal proposito il Ministro dell'Agricoltura dell'epoca, Maurizio Martina, ebbe a dire al Presidente Iaia: "Le materie fiscali non sono e non possono essere materia di trattativa né con il Veneto né con la Lombardia né con l'Emilia Romagna. Lo dice la Costituzione". Ed il Ministro per la Coesione territoriale Claudio De Vincenti ribadì con più forza: "Credo che sia bene che gli stessi presidenti siano chiari con i loro cittadini. Quella di volersi tenere i 'nove decimi delle tasse' è una battuta di Zaia che farebbe pensare a materia fiscale, ma quest'ultima non fa parte dell'articolo 116".

         E recentemente, 21 febbraio 2019, anche il Presidente Conte, nel corso del question time in Senato ha dato rassicurazioni sul tema dell'Autonomia differenziata, affermando che il principio della "solidarietà nazionale", sostenuto dal M5s (che teme la differenziazione fra regioni di serie A e serie B) non verrà messo in discussione: "Il percorso del regionalismo differenziato  - ha spiegato - dovrà tenere in considerazione non solo la peculiarità delle realtà territoriali, ma anche la piena realizzazione della solidarietà nazionale, nell'ambito della tutela dell'unità giuridica, di quella economica e dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali". Entrando poi nel dettaglio dei livelli essenziali e dei fabbisogni standard, ha aggiunto: "Non è previsto in alcun modo il riferimento ad indicatori collegati all'introito fiscale" delle singole regioni. Precisando che si "tratterà di fabbisogni su indicatori comuni a tutte le regioni", definiti da "un Comitato paritetico composto da rappresentanti delle Regioni e dello Stato, rispondendo a criteri unitari per l'erogazione dei servizi in ogni angolo del Paese". Tradotto significa: le Regioni non trattengono i tributi di competenza dello Stato e i trasferimenti dallo Stato alle Regioni avvengono sulla base dei principi di solidarietà e dei fabbisogni standard e non sulla base dell'introito fiscale di ogni Regione. SPERIAMO, io però ho fiducia che così sarà.

         Ma è opinione diffusa che solo le Regioni del Nord vogliono l'autonomia. Così non è anche se è meno noto, ma il regionalismo autonomistico è ormai un desiderio che interessa, anche se con diversa intensità e modalità, altre 10 regioni.  Quindi se sommiamo le tre regioni che hanno già sottoscritto pre-intese con il governo Gentiloni arriviamo al risultato che "l'autonomia differenziata" è questione che di fatto coinvolge 13 Regioni a statuto ordinario su 15.  In particolare 7 Regioni (Campania, Liguria, Lazio, Marche, Piemonte, Toscana e Umbria) hanno già formalmente conferito al proprio Presidente l'incarico di chiedere al Governo l'avvio delle trattative per ottenere ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia. Altre 3 Regioni (Basilicata, Calabria e Puglia) non hanno ancora approvato formalmente tale mandato, ma sembra che hanno assunto iniziative preliminari che in alcuni casi hanno condotto all'approvazione di atti di indirizzo. Solo le Regioni Abruzzo e Molise non risultano aver avviato iniziative formali per l'avvio della procedura prevista dall'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.

         "Ma non si può essere autonomi e combattere ad armi pari per lo sviluppo di tutti se queste armi non sono pari. Se non si parte da zero a zero. Se non si hanno gli stessi ospedali, le stesse scuole, gli stessi treni. E se non si ha una qualità minima di servizi mai garantita in diciotto anni di inizio di federalismo. Il quale è stato per il Sud l’annunciata fregatura di tasse più alte e diritti più bassi. Coi risultati nella disoccupazione e nella povertà.  (Lino Patrurno). Ma questi problemi non se li pongono i rappresentanti delle Regioni del Sud?  Ma possibile che non sanno che lo Stato italiano spende 4.350 euro in meno all'anno per ogni meridionale e per l'assistenza alle famiglie, ad esempio, quasi 400 euro pro capite a Trieste e meno di 10 a Vibo Valentia all'anno?. Altro che alta velocità al Nord e il Sud che ancora non ha collegamenti ferroviari con Matera,  la città europea capitale della Cultura nel 2019?  Questi problemi bisogna risolvere prima di concedere l'autonomia a chiunque, Nord, Centro o Sud. Meditate politici, meditate!

         Credo comunque, onde evitare equivoci, sia necessario precisare che le  materie che possono essere gestite dalle Regioni nei limiti stabiliti ed approvati dal Parlamento sono quelle previste dagli articoli 116 e 117 della Costituzione. Si tratta di venti materie gestite dalle Regioni "in condominio" con lo Stato (la cosiddetta "legislazione concorrente") e altre tre finora trattate in esclusiva dallo Stato stesso (legislazione di esclusiva potestà statale). Le prime venti riguardano nell'ordine:

1.       rapporti internazionali e con l'Ue delle Regioni;

2.       commercio estero;

3.       tutela e sicurezza del lavoro; 

4.       istruzione;

5.       professioni;

6.       ricerca scientifica e tecnologica;

7.       tutela della salute;

8.       alimentazione;

9.       ordinamento sportivo;

10.     protezione civile;

11.     governo del territorio;

12.     porti e aeroporti civili;

13.     grandi reti di trasporto e di navigazione;

14.     ordinamento della comunicazione;

15.     produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia;

16.     previdenza complementare e integrativa;

17.     coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario;

18.     valorizzazione dei beni culturali e ambientali;

19.     casse di risparmio, casse rurali e aziende di credito a carattere regionale;

20.     enti di credito fondiario e agrario regionali.

Possono anche essere attribuite con legge dello Stato e sempre a maggioranza assoluta di voti le seguenti ulteriori materie:

1.       organizzazione della giustizia di pace;

2.       norme generali sull'istruzione;

3.       tutela dell'ambiente».

 

Raimondo Turco









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