venerdì 19 aprile 2024

25/08/2022 09:51:29 - Manduria - Attualità

«Noi aderenti al Comitato per la Pace di Manduria siamo sbigottiti di fronte ad una strategia, accettata supinamente da tutte le forze politiche presenti in Parlamento, che veda l’uso della forza e la corsa agli armamenti come unico criterio regolatore dei rapporti tra gli Stati»

Riceviamo, e pubblichiamo, un documento del Comitato della Pace di Manduria sulle prossime elezioni Politiche e sulla necessità che la futura classe dirigente italiana si impegni in favore dell’immediato cessate il fuoco in Ucraina.

«A sei mesi dall’invasione dell’Ucraina, che ha dato inizio al conflitto, le prospettive di una trattativa che riporti la pace in Europa si allontanano sempre di più. Numerosi osservatori ed esperti di politica internazionale intravedono nella attuale fase un riposizionamento di entrambi i contendenti, in vista di una ripresa in grande stile dei combattimenti.

Per contro non solo non si ha notizia di alcuna iniziativa diplomatica da parte di nessuno di coloro che sarebbero maggiormente titolati (ed interessati) ad intraprenderla, cioè i leaders dei Paesi europei, ma, al contrario, il loro pronunciamento a conclusione del recente vertice della Nato a Madrid sembra mettere una definitiva pietra tombale sulle speranze di rivedere nell’immediato futuro un’Europa pacificata. Il nuovo Concetto Strategico, elaborato e concordato tra gli Alleati a Madrid, innalza a tutti gli effetti una nuova Cortina di Ferro nel bel mezzo del Continente, individuando nella Russia una minaccia permanente alla sicurezza dell’area europea e del Nord-Atlantico.

La lettura del punto 8 della Dichiarazione finale, approvata dai capi di stato e di governo, risulta agghiacciante (comunicato stampa emesso il 29 giugno, come la Dichiarazione conclusiva, reperibile sul Web): “(…) La Federazione Russa rappresenta la più grande e diretta minaccia per la sicurezza degli Alleati e per la pace e la stabilità nell’area euro-atlantica (…)

Con determinazione, gli Alleati continueranno a contrastare le minacce della Russia, rispondere ai suoi atti ostili e combattere il terrorismo, in conformità con il diritto internazionale”. Queste parole individuano un NEMICO, la Russia (posta sullo stesso piano del terrorismo, forse per compiacere Erdogan?) ed equivalgono, agli occhi di autorevoli commentatori, ad una dichiarazione di guerra. Così le interpreta, ad esempio, Domenico Gallo, magistrato, ex parlamentare, segretario della Commissione Difesa del Senato ai tempi del conflitto jugoslavo: “(…) la Nato partecipa ad un conflitto armato per interposta persona, con lo scopo dichiarato di fiaccare la potenza militare del nemico”. Per converso “Nel nuovo Concetto Strategico non c’è neppure una virgola che lasci intravedere una via d’uscita dal conflitto attuale, che viene concepito come perpetuo” (Domenico Gallo “Nato-Russia da guerra fredda a guerra calda”). In termini pratici tutto ciò si traduce, per l’Europa e per l’Italia in una corsa agli armamenti senza precedenti: le forze di intervento rapido passano da 40.000 ad oltre 300.000 uomini, si realizzano nuove basi lungo

il confine orientale, si introducono nuove e più sofisticate armi, tra cui i famigerati droni-kamikaze. In tutti gli stati membri le spese militari, che già in questi anni sono aumentate costantemente, saranno ulteriormente incrementate.

Il segretario NATO Stoltenberg parla compiaciuto di “un cambiamento fondamentale nella deterrenza e nella difesa della Nato” ed infatti per la prima volta hanno partecipato al summit stati che nulla hanno a che vedere con la difesa dell’area europea e nord-atlantica, come l’Australia, la Nuova Zelanda, la Corea del Sud, appartenenti ad uno scacchiere pacifico-asiatico, i quali vengono indicati come “partner- chiave per affrontare le sfide globali”. E da chi provengono queste sfide? Dalla Cina, che viene definita (osiamo dire, per ora…), come “una sfida sistemica ai valori e agli interessi della Nato”. La Nato si sta dunque trasformando in una sorta di gendarme globale, legittimato all’uso della forza, ben al di là dei limiti stabiliti dal Patto atlantico?

Noi aderenti al Comitato per la Pace di Manduria siamo sbigottiti di fronte ad una strategia, accettata supinamente da tutte le forze politiche presenti in Parlamento, che veda l’uso della forza e la corsa agli armamenti come unico criterio regolatore dei rapporti tra gli Stati.

I valori dell’Occidente, più volte richiamati nella Dichiarazione conclusiva del summit, non si difendono o si diffondono creando un clima di inimicizia perenne tra i popoli, specialmente tra quelli che condividono origini, storia e cultura, né quegli stessi valori possono essere utilizzati a fasi alterne, ritenendoli imprescindibili per il destino di alcuni popoli e non per quello di altri.

Crediamo fermamente, in ciò confortati dall’autorevole parere di Emergency, che di guerre se ne intende, che non opponendoci a questa deriva bellicista tutti noi stiamo preparando un triste retaggio per le future generazioni: “La corsa agli armamenti non costruisce futuro, ma offre un circolo vizioso di violenza e di instabilità“. E questo la storia recente lo dimostra, se è vero ciò che registra l’Istituto di Ricerca sulla Pace di Oslo e cioè che dal 2014 i conflitti violenti sono in continuo aumento e che molti di questi sono gli stessi di 30 anni fa.

Alla luce dello scenario testè delineato, chiediamo con forza alle formazioni politiche che stanno per misurarsi nella imminente competizione elettorale di mettere ai primi punti dei loro programmi elettorali e delle loro agende di governo l’impegno per il raggiungimento di un immediato cessate il fuoco, finalizzato alla costruzione di una pace negoziata. Nel contempo dichiariamo la nostra netta contrarietà, in ciò convinti di legittimamente interpretare la volontà della maggioranza degli Italiani, ad ogni aumento delle spese per armamenti. Non vi sono armi che possano trovare la nostra approvazione, se non quelle impiegate a contrastare i cambiamenti climatici, la povertà, le ingiustizie.

Ci confortano, nel formulare queste richieste, e ci rassicurano della loro giustezza le parole che il Sommo Pontefice ha pronunciato a Quebec, nel corso del suo viaggio di riconciliazione in Canada: “Oggi, di fronte all’insensata follia della guerra abbiamo nuovamente bisogno di lenire gli estremismi della contrapposizione e di curare le ferite dell’odio. (…) Non abbiamo bisogno di dividere il mondo in amici e nemici, di prendere le distanze e riarmarci fino ai denti: non saranno la corsa agli armamenti e le strategie di deterrenza a portare pace e sicurezza”.

Su questi punti, chiediamo che le candidate ed i candidati eleggibili a Manduria si esprimano con chiarezza ed impegno formale».

 

Il Comitato per la Pace di Manduria









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