martedì 19 marzo 2024

11/12/2022 18:21:05 - Provincia di Taranto - Cultura

Un saggio di Paride Tarentini dedicato a questo luogo antico, permeato di profonda devozione popolare

 

Non passa certo inosservata tale chiesetta, posta alla base meridionale del piccolo centro di Monacizzo (frazione del comune di Torricella) a ridosso di un antico incrocio viario con arterie provenienti dall’interno (Lizzano, Pulsano, Torricella) e dal mare (Torre dell’Ovo, Le Conche); incrocio altresì caratterizzato dalla vecchia colonna dell’Osanna (Sannai) presente sul posto (fig. 1).

Siamo in un luogo antico, permeato di profonda devozione popolare.

Qui l’archeologia si fa storia, in quella vasta necropoli magnogreca scoperta nei pressi (e poi ricoperta), testimonianza visibile di un passato glorioso, dominato, sul colle, da un vasto centro fortificato posto a protezione di questo limite orientale della chora tarantina (fig. 2)

Qui il Medioevo si fa leggenda, in quel racconto, particolarmente radicato in zona, secondo il quale i Turchi, in una delle loro scorrerie verso l’interno, dopo aver devastato le aree litoranee, sarebbero giunti alla base meridionale del colle di Monacizzo, proprio lì dove ora sorge la chiesetta della Madonna di Loreto, costruita in ricordo, forse, di tale evento. Qui  non si sarebbero accorti del paese perché, volgendo lo sguardo verso l’altura, si sarebbero ritrovati, all’improvviso, con la vista annebbiata; l’avrebbero riacquistata, invece, limpida e chiara, volgendosi a guardare dalla parte opposta, verso il mare, da dove erano venuti. E’ questo uno dei tanti interventi prodigiosi che caratterizzano le leggende medioevali diffuse su tutto l’arco ionico-salentino e che concorrono ad evidenziare con immediatezza la drammaticità degli eventi e la rassegnata impotenza delle popolazioni della costa dinnanzi a questi assalti ripetuti ed improvvisi; popolazioni spesso costrette ad affidare al solo sentimento religioso l’unica speranza di salvezza da tali sventurate vicende (M. PICHIERRI - P. FRANZOSO, Torricella, da Borgata a Comune, Manduria, Barbieri, 1999, p. 186; P. TARENTINI, Monacizzo. Un antico centro magnogreco e medievale a sud-est di Taranto, Manduria, Regione Puglia-CRSEC TA/55, 2006, pp. 166-167).

 Secondo un’altra versione di tale leggenda, la chiesetta era già esistente al verificarsi dell’evento e l’allarme fu dato proprio “dal suono della campanella della chiesetta della Madonna di Loreto; i cittadini impauriti si nascosero e, in preghiera, assistettero al grande evento miracoloso: le soldatesche turche, marciando verso l’abitato, perdevano la visione e la conoscenza, le riprendevano riguardando verso il mare” (F. DE SARLO - G. TURCO, Il mio paese. Tra storia e memoria, Taranto, Fumarola, 2002, p.16).

Molto semplice nella sua struttura in tufi, la nostra chiesetta presenta un unico ambiente a pianta rettangolare voltato a botte, in orientamento, all’incirca, N-S (figg. 4-5). 

Sui muri laterali compaiono due finestrelle, una per lato, con il tipico taglio obliquo (strombatura) negli stipiti; in fondo, slla parete settentrionale (in un ampio spazio separato da un grande arco e bassa balaustra) si osserva l’altare, “colorato” di arredi e fiori, con immagine della Madonna sovrastante; a lato si apre una porticina d’accesso ad un piccolo locale orientale che, nei muri esterni in pietre e bolo, tradisce l’antichità dell’impianto originario. Quadretti con immagini sacre occupano le pareti; una bella acquasantiera (pregevole lavoro in pietra locale) colpisce lo sguardo a lato della porta d’accesso, richiamando, nella forma e nelle funzioni, gli antichi “Louteria” presenti nei templi della Magna Grecia (P. TARENTINI, Torricella. Itinerari storico-archeologici a sud-est di Taranto, Manduria 2018, p. 88). La facciata, semplice e lineare, è rivolta a Mezzogiorno, verso il mare; in alto si apre  una piccola finestra circolare, a mo’ di rosone, poi il piccolo campanile a vela monofora (con campanella metallica) sormontato da una croce in tufo. Il nome della Madonna invade l’antistante strada in risalita verso il paese  (via Loreto), tocca un piccolo stabile rurale alle spalle dell’edificio sacro (Masseria Loreto) e si estende, infine, verso proprietà terriere “le terre di S. Maria di Loreto”, segnalate, all’interno del feudo di Monacizzo, in un documento di fine Settecento (P. COCO, Titoli dignitari e nobiliari della sede arcivescovile di Taranto. Studio storico critico con documenti inediti, Martina Franca 1918, Appendice, doc. n. VII,  pp. 67-68). 

Ignoriamo la data precisa di costruzione dell’edificio e le modifiche intervenute nel tempo. Le notizie più antiche riportano al Cinquecento, quando la chiesetta compare citata nella visita pastorale di Monsignor Lelio Brancaccio (24 Maggio 1577), ove si legge che nella Cappella della Madonna di Loreto in Monacizzo vi è un beneficio lasciato da D. Pietro Longo di Maruggio col peso di messe 59, cioè una la settimana, e sette nelle maggiori festività liturgiche dell’anno dedicate alla Madonna. In epoca successiva la chiesetta è oggetto di particolare interesse in occasione della visita di Mons. Tommaso Sarria (31 Maggio1678), invitato dall’Arciprete del posto, D. Giuseppe Fanulli, per dare direttive precise circa l’osservanza delle feste e la celebrazione delle messe. L’Arcivescovo invita i sacerdoti di turno a celebrare le 59 messe assegnate alla cappella nella prime ore della mattina, per dare agli abitanti l’opportunità di ascoltarle prima di andare “alle fatighe della campagna”. Rivolge, inoltre, altre raccomandazioni: “L’Arciprete sia il primo della mattinata a celebrare la messa. Gli altri sacerdoti celebreranno dopo di lui. E questo perché tutti possano  ascoltare la parola dell’Arciprete. I Sacerdoti, se non vogliono essere sospesi dalle funzioni, devono circolare con la sottana e con l’abito ecclesiastico. Anche i Chierici devono fare altrettanto, altrimenti saranno soggetti alla pena di due libbre di cera. Il Capitano del luogo (incaricato della emanazione dei bandi  e della esecuzioni delle pene) non può mettere in carcere nessuno durante il giorno di festa, se prima non dà conto all’Arciprete e non si trovi di fronte ad un caso criminale grave” (M. SPINOSA, Ricognizione storico documentaria dei feudi della famiglia Muscettola principi di Leporano, Taranto, Scorpione, 2003, pp. 380-382, 430).

La stessa chiesetta è poi presente in una pianta del Settecento (anno 1745), alla base di un paese (Monacizzo, intendo) contrassegnato, all’epoca, da basse casupole in pietra con tetti a doppio spiovente, torre di difesa (poi abbattuta) e chiesa parrocchiale (oggi dedicata a S. Pietro) posta sulla parte alta del borgo  (fig. 3) (E. FILOMENA, Maruggio Antica, Martina Franca, Ed. Pugliesi, 1997, p. 19).

 Nello stesso secolo il Catasto Onciario di Monacizzo (1742-49) registra spese per festività religiose solenni e patronali (tra cui quella per la Beata Vergine di Loreto) per un totale di ducati 15; in questo stesso documento si cita Donato Cavallone “Bracciante libero di anni 40 che abita nella casa dell’Eremita sotto la Madonna di Loreto, stando servendo la detta Cappella” (M. SPINOSA, vol. cit., pp. 406-408, 439).

Segnalata come “Cappella di Loreto” in uno scritto del XIX secolo (N. ARDITI, La corografia fisica e storica della Provincia di Terra d’Otranto, Lecce, stab. Scipione Ammirato, 1879-1885, p. 358), verso la fine del secolo (6 Maggio1894) la nostra chiesetta riceve la visita di Pietro Alfonso Jorio, Arcivescovo di Taranto; questi ne ordina l’interdizione perché apparsa in cattive condizioni, in quanto “gli abitanti di Monacizzo  non si erano curati  di tenerla pulita e in ordine”. Opportunamente “riattata e messa in ordine” è riaperta al culto pubblico con Decreto datato 15 Marzo 1897; durante l’omelia pronunciata in occasione della ribenedizione dell’edificio avvenuta nel successivo 19 Marzo (festa di S. Giuseppe), l’Arciprete D. Cosimo Benedetto (coadiuvato da D. Antonio Corigliano di Lizzano ed al cospetto del popolo “intervenuto tutto”)   esortava i presenti a salutare la Madre Maria ogni volta che passavano davanti alla Cappella “per continuare la devozione degli antichi padri che avevano costruito quel luogo di culto” (M. SPINOSA, vol. cit., pp. 389-390).

Devozione che si è perpetuata nella cura costante dimostrata dagli abitanti per questa chiesetta e per questo luogo; qui si recita il rosario, si celebra la Madonna, ci si raccoglie in preghiera; un luogo di aggregazione umana e spirituale, quindi,  preservato, attraverso i secoli, dalla fede popolare, all’interno di un mondo contadino gelosamente legato alla propria terra, alle proprie credenze ed alle proprie tradizioni secolari.

Paride Tarentini









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