domenica 13 ottobre 2024


17/02/2024 10:29:05 - Manduria - Cultura

L’autore racconta il periodo di sconvolgimento bellico attraverso un’altra prospettiva: ricostruisce i riflessi sociali e politici, comune per comune, di quegli anni di sofferenze e di morte, sino alla nascita dei nuovi partiti e all’affermazione dell’antifascismo

Si intitola “Taranto e la sua provincia nella II Guerra Mondiale” il nuovo libro di Pietro Capogrosso, un autore che nel corso degli anni, attraverso meticolose e dettagliate ricerche, ha coltivato, scandagliato, ricostruito e raccontato storie di uomini e di territori, storie di eventi e di “miti” legati alle grandi passioni che hanno caratterizzato la sua vita: la politica, in tutte le sfaccettature, e il calcio.

Capogrosso, nominato Cavaliere della Repubblica per particolari benemerenze, ha ricoperto la carica di consigliere comunale per ben quattro consiliature. Sempre coerente con la sua visione politica: di sinistra (ma la sinistra pura, non quella “contaminata” che lo indusse a lasciare ogni incarico) e antifascista.

In questo suo quattordicesimo libro, Pietro Capogrosso racconta gli anni bui della Grande Guerra nella provincia di Taranto da una prospettiva diversa: indaga e analizza, dal basso, il panorama sociale e politico nell’intera provincia, soffermandosi su un’umanità sofferente non solo per la povertà e la distruzione che la Guerra genera, ma anche per aver perso la libertà di pensiero in quegli anni di totalitarismo.

Il messaggio che Capogrosso intende lanciare con questa sua nuova ricerca lo si coglie già dalla sua dedica che apre il libro: «A quei pochi, sinceri, Antifascisti della prima ora, che ebbero il coraggio di rimanere tali, anche durante il massimo consento popolare del regime, e che furono messi da parte dagli “antifascisti del giorno dopo”».

E’ un libro che si legge tutto d’un fiato e che ci regala pagine di storia, politica e sociale, che, altrimenti, sarebbero cadute nell’oblio.

Già dalle prime pagine, l’autore racconta quanto fosse opprimente il controllo del pensiero da parte del regime, indicando nomi ed episodi di gente, anche dei centri dell’area orientale della provincia, accusati di “disfattismo” e, per questo, sottoposti a provvedimenti di polizia. E’ l’esempio di tal Mancini Carmelo di Sava, il quale, “conversando con diverse persone”, avrebbe “espresso inopportuni apprezzamenti sulla situazione politica internazionale”, sostenendo che  “la potenza militare germanica, dopo la disfatta dei franco-inglesi, potrebbe riversarsi contro l’Italia perché la nostra nazione non diventi grande e forte”.

Dopo aver parlato dei primi bombardamenti sulla provincia di Taranto e sulle incursioni inglesi, Capogrosso dedica ben quattro pagine alla recrudescenza dei provvedimenti per disfattismo che colpiscono numerosi cittadini manduriani. Per alcuni scatta addirittura l’internamento.

Il 20 gennaio del 1941, ultimato il periodo addestrativo, il 9° Reggimento Bersaglieri della Divisione Trieste lascia Manduria per imbarcarsi: sarà tra i protagonisti della seconda battaglia di El Alamein, dove sarà accerchiato e distrutto.

Durante quegli anni accade anche che i Reali Carabinieri di Manduria, in seguito a indagini, stabiliscono che una nutrita serie di “militari fruivano fraudolentemente di licenze agricole senza essere agricoltori, né contadini, e senza interessarsi di lavori di campagna”: nel libro sono elencati tutti i loro nomi.

Per meglio coordinare le azioni dei Fasci di Combattimento, il Partito Fascista Ionico suddivide la provincia di Taranto in nove zone, nominando, per ognuna, un ispettore federale. Manduria, insieme a Sava ed Avetrana, fa parte della settima zona. Come ispettore federale viene nominato Luigi Mancini, già segretario dei Fasci di Combattimento di Sava.

Il 27 agosto del 1942 il Comune di Manduria affigge un manifesto avente per oggetto il “segnale di allarme nel caso di incursioni aeree nemiche”: viene indicato nel suono delle campane “con rintocchi a fuoco”.

Dopo la caduta del fascismo e l’armistizio, di apre la seconda parte del libro: nascono nuovi partiti e vengono consegnate delle ricompense al valor militare e i libretti ai congiunti dei Caduti. Anche se nell’intera provincia si scatena la polemica fra antifascisti o patentati tali, e fascisti, o ritenuti tali. Accuse, contro accuse, verbali, segnalazioni e calunnie arrivano quotidianamente sul tavolo del Prefetto.

A Manduria, nell’anniversario della fondazione dei Fasci di Combattimento, vengono rinvenuti sotto le porte di moltissime abitazioni (e sparsi per strada) centinaia di volantini dattiloscritti che rievocano l’anniversario e incitano i fascisti a combattere il social comunismo. A conclusione delle indagini sul materiale propagandistico, a Manduria vengono arrestate sette persone.

Le ultime pagine sono quelle a cui l’autore conferisce maggior pregnanza politica: sono dedicate alla nascita dei vari partiti. Pietro Capogrosso indica, comune per comune, i loro nomi e i fondatori. A Manduria, in via XX Settembre 70, nasce l’Uomo Qualunque. Costituenti sono Luigi Adami, Augusto Pezzarossa, Pasquale Pesare, Eupremio Chimienti e Nino Dimitri. Paolo Dimitri, ragioniere comunale, è invece il fondatore del Partito Democratico del Lavoro.

Significativa la conclusione di Pietro Capogrosso in questo libro, che invitiamo a comprare e a leggere.

«In tanti, al momento opportuno, seppero, con intelligente furbizia e interessata lungimiranza, prendere in mano la bandiera della democrazia, pur essendo stati dirigenti del passato regime, continuando ad usufruire di privilegi e intrallazzi, con conseguenze negative che ancora oggi, a distanza di anni, continuiamo a pagare.

Questi personaggi erano la parte peggiore della società, ma furono bravi a cancellare il loro passato e a farsi accettare dalle masse, continuando a tutelare i propri interessi.

Ancora oggi, con la stessa mentalità e con gli stessi obiettivi, sono tanti i figli e i nipoti di questa gente che amministrano o governano la cosiddetta cosa pubblica».

 











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