lunedì 02 dicembre 2024


30/11/2024 09:38:33 - Manduria - Cultura

A intervalli regolari, il Sikorsky effettuava la spola tra la terraferma e l’offshore, trasportando viveri e materiali. Anche quel giorno, l’elicottero della compagnia petrolifera atterrò sulla piattaforma, ma non si trattava del solito viaggio: al termine delle operazioni di scarico e rifornimento carburante, avrebbe imbarcato un passeggero

Quando tutto intorno era avvolto dalla fioca luce del crepuscolo e il rumore della trivella moderava, Ilario si ritirava nella sua angusta cabina, abbandonandosi alle sue riflessioni e custodendo l’angoscia dell’attesa. Quella sera, prima di addormentarsi, rimase supino sul letto: «Che ne sa Thomas dell’amore?» rimuginò, contrariato.

Poi, posando lo sguardo sulla foto di Patrizia, posta sul comodino, le sussurrò, rivolto a quell’immagine incorporea: «Ancora qualche mese e sarò da te, lo prometto!». E, pensando a Thomas, aggiunse: «Lui, invece, tornerà alla sua vita di solitudine e dissolutezza. Pover’uomo!».

Ripose mestamente la foto nel cassetto del comodino e, poco dopo, si addormentò.

Il Sikorsky, come sempre, effettuava la spola tra la terraferma e l’offshore, trasportando viveri e materiali. Anche quel giorno, l’elicottero della compagnia petrolifera atterrò sulla piattaforma, ma non si trattava del solito viaggio: al termine delle operazioni di scarico e rifornimento carburante, avrebbe imbarcato un passeggero. Il mare, insolitamente calmo, scintillava sotto il sole estivo, regalando riflessi fugaci e repentini. Un lieve effluvio di salsedine e acqua marina avvolgeva l’aria.

Ilario avvertì prima il rumore lontano e cadenzato delle pale, poi il rimbombante avvicinarsi del velivolo. Durante la manovra di atterraggio, ripensò alla notte appena trascorsa. La sera prima, per festeggiare un evento importante, aveva affogato nell’alcol la tensione, brindando fino a tardi. Rigirandosi inquieto nel letto, non riusciva a placare l’eccitazione e la sbornia. L’alba era ormai passata e Ilario era pronto. Nei suoi occhi lucidi e arrossati brillava un’emozione contenuta. Finalmente lasciava per sempre quel luogo desolato!

«Sono felice di partire, ma porterò ciascuno di voi nel cuore», confidò ai colleghi, sovrastando il frastuono dell’elicottero mentre vi saliva sopra. I compagni, commossi, lo circondarono affettuosamente, ripetendo il consueto rituale d’addio.

Dal finestrino, Ilario osservava la piattaforma allontanarsi, ormai deserta e sgombra dell’equipaggio, tornato ai soliti compiti. Dopo qualche ora di volo, scorse la nave di servizio ancorata al porto, pronta a riportarlo a casa. Uno stormo di gabbiani planava davanti al mercantile, che lasciava sul mare una leggera scia spumeggiante. Un vento di levante rinfrescava appena il calore estivo, regalando un lieve sollievo all’equipaggio.

La navigazione durò alcuni giorni e Ilario, a poche miglia dalla terraferma, si sporgeva dal ponte, ripetendosi che presto avrebbe riabbracciato Patrizia. Quando la costa di Taranto si profilò all’orizzonte, provò un intenso piacere, ma anche una crescente ansia: tra la folla che attendeva al porto, sperava di scorgere la sagoma di Patrizia. Tuttavia, quando la nave attraccò, lei non era sul molo ad attenderlo.

Tra mogli, figli, fidanzate e madri che salutavano con entusiasmo i propri cari, Ilario si sentiva smarrito, sopraffatto dalla solitudine. «Perché lei non è qui?» si chiese, tentando di scorgerla tra la folla. Ogni minuto che trascorreva aumentava la sua delusione. Infine, con il bagaglio pesante, salì su un taxi, lasciandosi alle spalle il porto, il ponte girevole e Taranto al tramonto, avvolta nella consueta foschia.

Il tassista, rompendo il silenzio, domandò: «Signore, ha fatto un lungo viaggio? È arrivato con la nave appena attraccata?».

«Sì», rispose Ilario laconicamente, tornando ai suoi pensieri mentre la città scorreva fuori dal finestrino.

All’altezza di viale Magna Grecia, il tassista annunciò l’arrivo al numero 20. Ilario, balzato fuori dal taxi, si diresse verso l’ingresso del palazzo. Cercò l’ascensore e vi entrò impaziente. Man mano che saliva, l’attesa si faceva interminabile. Con il pensiero già alla sua nuova vita, immaginava l’incontro con Patrizia.

Al decimo piano, quando le porte si aprirono, si trovò di fronte a una porta chiusa. Tirò fuori le chiavi, le girò nella serratura e, una volta entrato, scorse Patrizia seduta in un angolo, con il volto tra le mani.

D’un tratto, un’inattesa voce squarciò il silenzio della stanza: «Ti ho tenuto nascosta la verità... non ho avuto il coraggio di rivelartela».

Patrizia, con voce soffocata, proseguì, angosciando Ilario: «È stata solo una notte, una notte di debolezza...».

«Non dovevi! Non dovevi!» esclamò lui, disperato e furioso.

«Mio Dio, cosa hai fatto!».

Il rimorso di Patrizia si scontrava con la collera di Ilario, che, incapace di sopportare altro, le volse le spalle e uscì, scendendo con passo deciso le scale. Poi esitò. Si fermò sul pianerottolo, stringendo la foto di lei tra le mani. Guardò intensamente quel volto: Com’è bella! si disse. Lentamente tornò sui suoi passi e rientrò in casa, dove Patrizia, ancora immersa nel pianto, non avvertì il suo arrivo. Avvicinandosi a lei, Ilario si lasciò vincere dai ricordi e dalla passione sopita. Si chinò su di lei, le accarezzò i capelli e la baciò con intensità. Patrizia, sorpresa, lo guardò negli occhi, mentre lui, con dolcezza, le sfiorava il pancione.

«È un maschio», sussurrò lei, commossa.

Ilario, stringendola a sé con un sorriso, rispose: «Lo chiameremo Davide».

 

Walter Pasanisi

Fine quarta e ultima parte











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