venerdì 05 dicembre 2025


12/10/2025 09:49:51 - Manduria - Cultura

Fu fatto costruire da Roberto Bonifacio, cavaliere di Carlo V, appartenente alla nobile famiglia di origini napoletane dei Bonifacio, intorno ai primi del ‘500, quando, già marchese di Oria, acquista i feudi di Francavilla e Casalnuovo

Nelle due giornate del Fai d’Autunno, sabato 11 e oggi domenica 12 ottobre, gli Apprendisti Ciceroni accompagnano i visitatori alla scoperta di quello che la tradizione orale indica come “palazzo Bonifacio”, edificio poco noto agli stessi manduriani, nonostante esso sia situato in pieno centro storico, incastonato fra corte Modeo, vico Commestibili e vico Carceri Vecchie.

Secondo tale tradizione, esso viene fatto costruire da Roberto Bonifacio, cavaliere di Carlo V, appartenente alla nobile famiglia di origini napoletane dei Bonifacio, intorno ai primi del ‘500, quando, già marchese di Oria, acquista i feudi di Francavilla e Casalnuovo.  Alla sua morte, ne diviene proprietario il figlio Dragonetto (secondogenito, ma erede legittimo data la morte (a sei ani d’età) del primogenito Andrea), esperto compositore di madrigali (probabilmente l’inventore), ma, secondo la tradizione, anche alchimista. Narrazioni leggendarie ci raccontano della sua morte: secondo quella più diffusa, egli muore proprio nel palazzo di Casalnuovo, mentre è intento a distillare un filtro amoroso, intossicandosi «per violento fumo di mercurio»; un’altra fonte più tarda narra di una caduta da cavallo.

Dopo la morte di Dragonetto, subentra nella proprietà del feudo (Oria, Francavilla, Casalnuovo) il marchese Giovanni Bernardino: uomo di lettere, umanista e bibliofilo, egli parla  correntemente il latino e il greco, ha un atteggiamento di apertura verso confessioni religiose altre, e si mostra attento ai bisogni dei popoli del suo feudo, i quali  beneficiano dei cosiddetti ‘capitoli di grazia’ (documenti di riconoscimento alle popolazioni locali di alcuni diritti acquisiti in precedenza, che probabilmente il padre aveva negato).

La vicenda umana di Giovanni Bernardino risente molto delle sue convinzioni religiose: protestante fin da giovanissimo, a Napoli entra in contatto con Juan de Valdés, teologo riformatore spagnolo che predicava un ritorno della chiesa cattolica all’antica purezza evangelica. Per sfuggire all’Inquisizione e allo sguardo severo della Chiesa Cattolica, lascia il suo feudo (esilio ‘religionis causa’, imbarcandosi a Brindisi con tutti i suoi libri per raggiungere Venezia. Si sposta successivamente nel nord Europa, arriva e Londra e, dopo un naufragio nella Vistola,a Danzica, dove, vecchio e cieco, decide di fermarsi e donare tutti i suoi libri alla città in cambio di ospitalità. Accade così che mentre a Danzica (nella cui biblioteca ci sono 1200 volumi della biblioteca Bonifacio da poter consultare) Giovanni Bernardino è venerato come persona saggia e colta, nei nostri territori la chiesa cattolica mette in atto una vera e propria ‘damnatio memoriae’, condannando all’oblio qualsiasi segno a lui riconducibile.

Dal punto di vista architettonico, Palazzo Bonifacio, al netto dei rifacimenti settecenteschi (resisi necessari probabilmente in seguito ai crolli subiti con il terremoto del 1743) ci fa apprezzare nella sua parte primitiva, alcuni elementi architettonici e decorativi più antichi. Ne è un esempio, nella parte posteriore del palazzo (lato ovest) quello che resta dell’antico portale catalano-durazzesco, uno stile, quello catalano-durazzesco, di incerta origine, che prende il nome dalle dinastie che governarono il regno di Napoli nel sec. XV. Il portale di cui scriviamo è caratterizzato da un arco a tutto sesto, delimitato da una cornice rettilinea con terminazioni rettangolari in alto.  Esso presenta, inoltre, motivi ornamentali scultorei di matrice rinascimentale, ad esempio le ‘rosette’ decorative nella ghiera del portale, sebbene molto consunte e appena visibili. Sulla stessa parete, in alto, troviamo due finestre orientate a ovest, realizzate secondo motivi ascrivibili allo stile classico: esse sono caratterizzate da colonne scanalate, che reggono capitelli compositi sui quali si imposta una trabeazione con terminazione timpanata in una e con terminazione mistilinea nell’altra. La parete su cui insiste il portale, infine, è realizzata in arenaria e carparo, indubbiamente materiali di pregio, indicativi della magnificenza della famiglia che abitava il palazzo anticamente.

All’iniziativa delle giornate FAI d’autunno, come sempre organizzate per Manduria dalla delegazione FAI di Taranto, ha collaborato coordinando le visite guidate degli Apprendisti Ciceroni, il prof. Nicola Morrone, studioso di storia locale e socio Archeolub.

A lui i ringraziamenti per averci condiviso le informazioni contenute nell’articolo.