Le somiglianze con la pittura di Girolamo Pesci
Tra le tele in assoluto più significative del patrimonio manduriano c’è quella raffigurante l’Immacolata, collocata nell’omonima chiesa, oggetto in tempi recenti di un accurato restauro. Si tratta di un dipinto davvero notevole per i valori formali che lo qualificano, realizzato, come suggeriscono gli storici dell’arte, da un pittore romano della scuola del grande Carlo Maratta, risalente ai primi decenni del sec. XVIII.
Al pari di altre tele presenti in città, non si è ancora fatta pienamente luce sull’autore di questo meraviglioso dipinto, che ancora sorprende per il sapiente equilibrio compositivo, la forza plastica delle figure, la singolare resa cromatica. Lo studioso M. Guastella ha riassunto in una scheda catalogica le acquisizioni della più recente letteratura critica circa il quadro, a cui rimandiamo il lettore [cfr. M.Guastella, Iconografia Sacra a Manduria (Manduria 2002), p.234].
In questa sede, lungi dal ripercorrere tutte le tappe del percorso critico, vogliamo formulare una ipotesi di attribuzione, basata su alcuni indizi che ci paiono utili a meglio definire la personalità dell’anonimo pittore, lasciando ad altri il compito di pronunciarsi definitivamente su quest’opera di indiscutibile fascino. Da tempo siamo anche noi sulle tracce dell’anonimo artista, che è giustamente stato ricollegato alla cerchia del pittore Maratta, poiché del grande maestro egli ripropone alcuni tratti qualificanti, ben riconoscibili anche ad un esame rapido dell’opera.
In attesa del ritrovamento di documenti che chiudano la questione attributiva, per il momento è giocoforza rifarsi unicamente ai dati stilistici che connotano il dipinto, confrontando puntualmente questi ultimi con quelli che caratterizzano la pittura romana a cavallo tra ‘600 e ‘700. In questo senso, disponiamo di un’eccellente, anche se un po’ datato, sussidio bibliografico sull’argomento (cfr. G. Sestieri, Repertorio della pittura romana della fine del Seicento e del Settecento (Torino 1994)] che fornisce un panorama della schiera di pittori attivi a Roma, appunto nello stesso torno di tempo in cui operò l’anonimo artista dell’Immacolata di Manduria.
Si tratta, di fatto, dell’unico inventario completo di cui ad oggi disponiamo: una indagine più accurata, cui le nostre note vogliono dare l’avvio, dovrà basarsi naturalmente su contributi specifici, che meglio circoscrivano l’attività dei singoli pittori. In ogni caso, lo spoglio dell’opera di Sestieri, integrato con la consultazione di saggi mirati, ci ha fornito alcuni indizi che ci paiono utili all’identificazione dell’anonimo pittore. A nostro avviso, la ricerca futura non dovrà prescindere da un confronto tra i dati salienti del dipinto manduriano e quelli tipici dell’opera di Giuseppe Passeri (1654-1714) e, ancor di più, di Girolamo Pesci (1679-1759), i cui dati biografici sono riportati tra l’altro proprio nel lavoro di Sestieri, corredati di riferimenti bibliografici (anche se datati) e di un piccolo repertorio di illustrazioni in B/N.
Profili utili dei due pittori sono anche consultabili nel Dizionario Biografico degli Italiani, ad vocem. L’indagine che da tempo conduciamo relativamente al dipinto manduriano è appunto di tipo indiziario, finalizzata a ricavare dal confronto stilistico e iconografico alcuni elementi che, al di là degli evidenti riferimenti alla pittura di Maratta, possano fare luce sulla identità del pittore. Orbene, l’Immacolata manduriana, che presenta innegabili tangenze con l’arte marattesca, ci parla di un artista che resta nondimeno ancorato ad una temperie conservativa (sul piano compositivo) e devozionale (sul piano espressivo). Nondimeno, il pittore si qualifica, per ciò che riguarda i dettagli, per il panneggio delle figure, condotto in modo piuttosto”sintetico”, per i netti chiaroscuri e per la resa particolarissima delle nuvole, di consistenza quasi palpabile. Sfogliando il Repertorio di G. Sestieri, abbiamo appunto confrontato gli elementi di cui sopra con quelli di tutta la pittura romana coeva: ne è emerso che i pittori più vicini a quello dell’Immacolata manduriana sono appunto, a nostro avviso,i predetti G. Passeri e G. Pesci. Se però le somiglianze tra la pittura di Passeri e quella dell’anonimo manduriano si limitano, oltre che ad un certo arcaismo compositivo, soprattutto alla resa delle nuvole, maggiori tangenze riscontriamo tra la pittura dell’anonimo e quella di G. Pesci, che ci pare il vero nome su cui dovranno puntare le ricerche future.
La produzione di G. Pesci ci pare possieda, infatti, caratteri in tutto simili a quelli dell’anonimo: arcaismo compositivo, panneggio”sintetico”, netti chiaroscuri, identica resa delle nubi e quell’inconfondibile impronta “devozionale”, tratto affatto secondario della sua pittura.
Ci proponiamo, in questo senso, di fornire più ampi elementi, basati su confronti formali puntuali, che le illustrazioni di cui disponiamo, quasi tutte in B/N, ci impediscono per il momento di evidenziare. In ogni caso, si può utilmente confrontare il dipinto manduriano con la scena centrale dell’“Assunzione della Madonna e Santi in gloria” nella chiesa della Maddalena a Roma (1739) e la “Madonna con libro e Bambino” (Roma, Collezione Durante), oltre che, più in generale, con le riproduzioni disponibili in rete, mancando a tutt’oggi una compiuta monografia sull’artista .Il committente, cioè il Cardinal Giuseppe Renato Imperiali, scelse probabilmente il Pesci poichè consapevole che l’estrema provincia meridionale (che gli aveva dato i natali) prediligeva certe declinazioni iconografiche tendenti al “patetismo”: non avrebbe avuto senso inviare in provincia un’opera di impostazione “colta” ed elaborata, che quasi certamente il pubblico non avrebbe accolto con favore.
Nicola Morrone