venerdì 29 marzo 2024

15/11/2018 09:16:13 - Manduria - Attualità

Il laboratorio politico progressista “Manduria Lab” si sofferma sui riflessi del “Decreto Sicurezza” sull’utilizzo dei beni confiscati alla mafia

 

«Manduria ora potrà dire addio ai beni confiscati alla mafia: la città ha perso un’occasione».

Il laboratorio politico progressista “Manduria Lab” si sofferma sui riflessi del “Decreto Sicurezza” sull’utilizzo dei beni confiscati alla mafia. La città messapica è quella che, in provincia, ha il maggior numero di immobili che, nel corso degli ultimi decenni, sono stati sottratti alla criminalità organizzata.

«Sin dall’inizio della nostra attività, due anni e mezzo fa, noi di “Manduria Lab” abbiamo riservato grande attenzione al tema della gestione dei beni comuni, con particolare riferimento ai beni confiscati alla criminalità organizzata» si apre il comunicato del laboratorio politico progressista manduriano. «La nostra città ne possiede più di trenta, già da molti anni annessi al patrimonio comunale, ma mai restituiti alla collettività, come previsto dalla legge.

Non ci siamo mai stancati, in questi anni, di suggerire, alle varie Amministrazioni, possibili modi per renderli adatti alla fruizione da parte dei cittadini, mostrando anche esempi di soluzioni virtuose adottate da comuni vicini, come quello di Mesagne, illustrato in un convegno da dirigenti di quel Comune e dal rappresentante regionale di “Libera”».

Purtroppo nessuno ha avviato concretamente l’iter per poter sfruttare, a fini sociali, i tanti immobili che sono nelle disponibilità del Comune.

«Ora a quei beni la comunità di Manduria potrà dire addio, poiché il governo si appresta, con il “Decreto Sicurezza”, a metterli in vendita al miglior offerente» fa rilevare il laboratorio politico progressista “Manduria Lab”.

«Noi non possiamo non vedere in questo una sconfitta dello Stato e un suo arretramento nella lotta alla criminalità organizzata, come asserisce “Libera”, col supporto di una rete di associazioni che in tal senso si sono espresse. Sarà facile infatti per le famiglie mafiose rientrare in possesso dei loro beni, sia perché certo non hanno problemi di liquidità, sia perché difficilmente un comune cittadino sarà indotto a competere con esse sul piano delle offerte.

Dal nostro punto di vista, quello di un Comune il cui Consiglio è stato sciolto per infiltrazione mafiosa, veder trionfare ancora una volta gli interessi della mafia a scapito di quelli dei cittadini onesti, può solo apparire come una battuta d’arresto del cammino dell’intera comunità verso l’affermazione della piena legalità».









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