giovedì 18 aprile 2024

09/09/2020 11:21:31 - Manduria - Attualità

La mamma di Michele Dinoi lancia un appello al ministro della giustizia Alfonso Bonafede. L’avvocato Miraglia: «Ma come lavorano le Procure di Taranto e Lecce?»

Michele Dinoi rischia di non ottenere mai la giustizia che merita: il diciottenne di Manduria è deceduto due anni fa, in seguito a un episodio ancora oscuro, ma le indagini si sono arenate e adesso che la madre ha provato a far dare loro uno slancio, alla ricerca della verità, le notificano che il sostituto procuratore di Taranto ha chiesto l’archiviazione del caso. Sulla morte del giovane sono aperti due procedimenti, uno alla Procura di Taranto per omicidio, a carico di ignoti, e l’altro per colpa medica a Lecce, dove era stato ricoverato in una clinica, nei sei mesi in cui era rimasto in coma. «Ma come lavorano le Procure di Taranto e Lecce?» si interroga l’avvocato Francesco Miraglia, al quale la mamma del giovane si è rivolta, nel tentativo di ottenere giustizia dopo due lunghissimi anni senza risposte.

Michele Dinoi aveva diciotto anni appena quando la sera del 27 settembre 2017 un amico lo trovò privo di conoscenza, con la testa incastrata dentro la ringhiera di casa. Aveva dei segni attorno al collo ed era rimasto senza respirare troppo a lungo: i sanitari riuscirono a far riprendere il battito cardiaco, ma la prolungata assenza di ossigeno aveva lesionato irreversibilmente il suo cervello. Michele rimase in coma sei mesi, fino a quando il suo corpo cedette il 24 marzo dell’anno successivo. L’autopsia rivelò che la causa dell’asfissia fu lo strangolamento, ma non era chiaro se a determinarlo fosse stato un gesto volontario di Michele, che avrebbe infilato la testa nella ringhiera nel tentativo di togliersi volontariamente la vita: oppure se la testa, in quel buco, gliela avesse infilata qualcuno, che poi gli aveva tenuto premuti il capo e la gola fino a soffocarlo. Le indagini non hanno finora portato a individuare alcun colpevole. «La Procura a nostro avviso è troppo frettolosa nel voler richiedere l’archiviazione del caso» prosegue l’avvocato Miraglia, «anche perché, come si fa a condurre adeguatamente un’indagine senza sentire i famigliari della vittima? Nessuno, ad esempio, ha mai parlato con la mamma, che pure dei fortissimi sospetti li aveva, eccome. Perché non ascoltarla e verificare i suoi sospetti? Ma come lavorano queste Procure? Se hanno latitato nelle indagini, rapidissime sono state invece nel comunicare alla mamma di Michele la richiesta di archiviazione del caso, con un pessimo tempismo: appena pochi giorni dopo il deposito da parte sua di un esposto indirizzato a entrambe le Procure di Taranto e Lecce, relativamente ai relativi procedimenti penali. Prima di archiviare il caso, chiediamo quindi di sentire la madre e i suoi parenti e lanciamo un appello al ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede: una madre attende da due anni di conoscere come è morto suo figlio e un ragazzo di diciotto anni merita giustizia».









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